23.2.08

Il Campo Dei Merli


Mi sembra opportuno pubblicare una poesia scritta in occasione dei bombardamenti della NATO sulla ex Jugoslavia (marzo 1999), tornata, purtroppo, prepotentemente d'attualità. Il 28 giugno 1389 si combatte la battaglia del "Kosovo Polje" (Campo dei Merli) tra il regno dei Serbi, guidati dal principe Lazzaro Hrebeljanovič, e i turchi al comando del sultano Murad I, che muore in battaglia. I Turchi infliggono ai Serbi una dura sconfitta, che ha per conseguenza la dissoluzione del loro regno. Il cosiddetto "spirito del 1389" è centrale nella comprensione che i serbi, specie a livello popolare, hanno della questione del Kosovo anche ai giorni nostri. Questo spirito è inteso come la resistenza serba all'annientamento, secondo categorie non tanto storiche quanto mistiche. Si tratta di salvare il popolo serbo quale "popolo celeste", in forza della sua fede e della sua tragica storia di martirio. La tradizione popolare vuole che il re Lazar, prima di trovare la morte nella "Piana dei Merli", abbia avuto una visione della "Gerusalemme celeste" e, posto innanzi all'interrogativo su quale regno scegliere, il terreno o il divino, abbia scelto il regno celeste, ottenendo così insieme al suo esercito il martirio e la vittoria eterna. Questa scelta di Lazar è stata considerata dalla Chiesa ortodossa come il momento decisivo della storia serba. Questo accostamento, ovviamente, prescinde dalle responsabilità sul genocidio dei bosniaci perpetrato dal macellaio Milosevic, ma vuole solo raccontare il martirio dei civili, vittime come sempre incolpevoli delle follie della guerra. (*)



Angeli d'argento
sibilano nella notte,
nuovi soli precipitano,
lingue profane
nella terra
di Cirillo e Metodio,
bestemmiano sterminio

quaggiù nel Campo dei Merli
dove i merli non fischiano più.

Lo sguardo teso
mamma Jugovic
percorre la pianura
scialle nero sulle spalle fiere
cuore di madre martellante.

Dove sei Zoran
dalla bionda criniera?
Dove sei Zoran?
Agile puledro
sfidavi la folgore.
Dove sei,
umile e buono?
Dove sei Zoran?
Il mio dolce bambino,
il tuo capo da cullare

quaggiù nel Campo dei Merli
dove i merli non fischiano più

Dove sei Zoran?
Di sicuro
giocheremo ancora
quando il sole sguscerà
nell'estate dei Balcani
fra Antivari e Cattaro.

Aiutami Signore,
in questa notte del peccato,
diaspora delle coscienze,
nella chiesa di San Sava
imploro il tuo perdono.

Dammi Signore
gli occhi del falco
perché possa scrutare
questo orizzonte
spazzato dal vento
disciolto nel dubbio.

Dammi Signore
le ali del sogno
perché possa librarmi
senza ostacoli,
annegare nel futuro.

Libera
questo cielo sanguigno
che vomita fuoco
e morte

quaggiù nel Campo dei Merli
dove i merli non fischiano più.

Dove sei Zoran?
Di sicuro
andremo ancora
a passeggiare
fra i mercanti di Raska.

Deferenti
vedremo ancora sfilare
il nobile Marko
col suo costume di zaffiro.
Ci vanteremo ancora
nei vicoli di Pristina
delle gesta eroiche
di aiduchi ed uscocchi
al seguito di re Lazzaro.

Dove sei Zoran?
Uniti sino in fondo
non avremo paura
del Turco blasfemo,
che spezza il mondo intero
ma non piega le nostre vite

quaggiù nel Campo dei Merli
dove i merli non fischiano più.

Dove sei Zoran?
Le mani sul mio cuore
cavalchi un'altra storia:
un grido sul tuo viso
LIBERTA'!

laggiù nel Campo dei Merli
dove i merli fischiano in eterno.

(*) Pubblicata sul periodico Portanuova n. 50 giugno 1999