16 aprile 2024

Foglio bianco



Sono solo uno spazio bianco
che brama uno struscio di penna
come una chiglia tremante
all’ingiuria dell’onda
o una corolla vezzosa
alla visita dell’ape.

Attendo, m’attardo
m’inchino deferente.

Allorché mi ferirai -
- ancora, poesia
sanguinerò di gioia
anche fosse
l’ultima riva
del mio inquieto mare.

1 aprile 2024

Rincorrendo Pessoa (2)



L’io sensibile
si nutre di dolore
imbavagliato;
è l’unico ponte
tra coscienza di se
e percezione di non se.

Sorvola.
Osservandosi.
Da un’altra prospettiva.

30 marzo 2024

Un crocifisso fuori posto



Padre
schiodami
da questa croce:
infima è la penitenza
di questo sangue
colato sul Nulla.

Sottraimi
agli sguardi pietosi
dissolti dopo l’altare.

Portami laggiù
nelle steppe sarmatiche
dove l’uomo
calpesta se stesso
dove piangono le madri,
riportami a casa
dove abbatte il capo
mia madre.

Il mio Golgota
nelle carni smembrate
di una Terra malata.

23 marzo 2024

Gli invadenti



Genìa insopportabile
gli invadenti.

Ce ne sono di furbi.
Anzi, il più scaltro di tutti
è quello che,
travestito della mia ombra,
ha la mia voce,
usa il mio mp3,
ruba le mie poesie
e - che stress! -
mi riporta in casa
tutti i rifiuti
che scientificamente,
ammonticchio a distanza.

Mi riporta la tua voce
ballerina, un pó raschiata
da fumatrice
ogni tanto pentita,
ogni tanto depressa.

Mi ripresenta
la tua seducente ambiguità,
il candore affettato,
il tuo sapermi rapire,
ingabbiare, cucinare.

Mi riesibisce
la tua nonchalance
la “grandeur” della scollatura,
la gonna troppo corta
che facevi finta di tirar giù.

Mi squaderna
le tue incoerenze multiple,
le contraddizioni comode,
a gara con le mie,
ma sempre vincenti.

E quelle tenerezze,
quel farmi tuo strumento
quel voler essere te
- e me, e te, e noi -
io, lasciandomi fuori,
in quanto inutile
casaccio di atomi
se coagulato in te,
se parte, infima parte,
di un tutto che riempiva
il nulla, il vuoto
e ne faceva cielo,
crepa di faglia,
plasma di roccia.

Et voilà!
L’invadente
ha svuotato la discarica:

- Và via ora! -
Non ho abbastanza tempo,
nè voglia di sopportarti:
amerò questi rifiuti
orrende contumelie
che m’ingombrano il cuore.

16 marzo 2024

Sei incancellabile tu: C. Bukovski



Succede che una mattina ti svegli e vedi che fuori non piove più e allora ti chiedi – beh? Che è successo?
Ecco, quella mattina successe a me che da tanto tempo non amavo, ma non per chissà quale motivo, non amavo e manco io sapevo il motivo preciso, ma forse sì che lo sapevo: che senso poteva avere per me l’amare se non amare che te?
Quella mattina io avevo una gran voglia di dirti – ti amo -, almeno credo.
Quanto mi manchi amore mio. Certo, io lo sapevo già dentro di me di questa cosa che mi manchi ma l’ho capita bene solo quando fuori ha smesso di piovere e a me mi giocava il cuore. È che prima avevo la scusa per non vedere il sole, pioveva, mica era colpa mia, ma le nuvole ora sono andate via portandosi dietro tutte le scuse. Ok, tu non ci sei, ok, ma va bene, va bene anche se va male, va bene perché io ti amo lo stesso.
C’è come un diario che ho chiuso nel petto, sento che devo tirarlo fuori e devo farlo senza schemi se non gli schemi che mi porto nel cuore.
Ah! Mannaggia mannaggia, mannaggia al cuore che non sa far calcoli ma che pure spesso sbaglia i conti.
Ma io non ero riuscito a dirti quel ti amo.
Era una primavera quando andasti via, lo ricordi? Io cercavo di farmi forza, la vita andava avanti sentivo dirmi da tutti.
Quando te ne sei andata io mi sono un po’ rincoglionito.
Mi persi, diciamoci la verità, perdendoti io mi persi. E tu? Ah! No scusa, non volevo chiederti se anche tu ci sei rimasta male, era un e tu come stai? Roba del genere insomma, un e tu cosa fai ora? Che stai facendo adesso, adesso è in questo momento, che stai facendo in questo momento? Non mi interessa cosa stai facendo nella vita, io non ci sono più nella tua vita, cosa vuoi che mi importi?
Sicuramente starai facendo tante cose belle, bellissime, ma a me importa adesso, adesso adesso mi importa, adesso in questo momento. Io adesso ti sto pensando facendomi del male. Io vorrei non pensarti ed averti invece qui, qui vicino a me.
Ma non ci sei. Non voglio pensarti ma non lasciarmi solo, non andare via anche dai miei sogni.
Tu dolce ferita mi tagli il cuore, ma io sorrido sai? Non mi fa male questo maledetto male. Sorrido perché dentro ci sei te e ti vedo, almeno posso vederti. Ti vedo pure che dai un bacio a quello lì e questo un pò a dirti il vero mi fa incazzare.
Ma tu non lasciarmi lo stesso, tienimi con te pure se sono incazzato.
Tienimi con te. Non mi fa male la ferita al cuore, no, non mi fa male, sei tu che non ci sei, non andare via oltre.
A volte mi sento tanto forte da poterti dire che non esisti senza di me.
Ma non è vero sai? È che ci provo ad andare avanti, bisogna comunque provarci o almeno provo a convincermi che bisogna provarci.
Fossi riuscito a dirti ti amo oggi me ne fotterei della pioggia che smette o che non smette, facesse cosa cavolo vuole la pioggia, fossi riuscito a dirti ti amo io ora non sarei qui a pensare a dimenticarti senza cancellarti.
Sei incancellabile tu.
Sei come quelle macchie di inchiostro sul taschino della camicia, solo che sulla camicia ci puoi mettere una giacca, un maglioncino, ma su di te cosa ci posso mettere?

10 marzo 2024

Sei parole in cerca di poesia



Sei parole rabberciate
girano a vuoto,
si sentono
lettere a caso,
disfunzionali,
costrette in ipallage,
eterodirette in litote.

Sei parole in trenino
vagoncini deragliati
su binari del nonsense,
percosse e spuntate
graffiano palati
privi di saliva,
secche ed assetate.

Sei parole orfane
di una direzione,
spente di follia,
scucite di enfasi,
spogliate di un concetto
inservibile e atono.

amoreeternitàricordocuorevitapassione

Sei parole in fila
disoccupate
o sovraesposte,
sei parole mendicanti
in cerca di poesia.

25 febbraio 2024

La domenica del passeggio



La domenica
non aveva il vestito buttato addosso,
ma la lentezza del suo dipanarsi,
l’armonia di un brano “soul”
ritmato su caldi polpastrelli.

La domenica
passeggiava su chianche riconoscenti
la cui eco era concerto di vicoli
sguardi levigati di voci
cenni del capo alla comunanza.

La domenica
era sorriso solo al pensiero,
lo sfottò alle divagazioni sportive,
pregusto di timballo
baci sulla fronte dei ragazzi
che attendevano i pasticcini.

La domenica
era pensare ai genitori soli
sentire l’insoddisfazione di un saluto
che per loro era uscio sull’allegria.

La domenica
questo strano rito
che ci portava indietro
nella calma di un sogno antico.

L’equatore



L’intersezione perfetta
dei nostri desideri
paralleli e confluenti,
incastro di linee,
ridondanza di aurore,
amplesso di zenith.

Sei tu l’equatore
dove ruota
pallido
il mio pensiero.

11 febbraio 2024

La cartolina






Nel mio viaggiare
su inasfaltate strade,
ponti sull’assurdo,
mari e ghiacciai
ho un impegno fisso:
mandarti una cartolina di quelle
che camminavano lente
“a te pensai
oggi, sempre ed oramai”.

Una cartolina in bianco e nero
macchiata di polpastrelli
con le rughe di una canzone
che amai tanti singhiozzi fa.

Oh! si ti amai
ma solo nei miei viaggi
quando legavi le mie valigie
con i lacci della poesia
quando eri il necessario
tu, lo spazzolino e l’aria.

E te lo rammento
con quei saluti
solo su una cartolina
che spedisco
senza francobollo
perché non ti arrivi mai
prima dei miei pensieri
appiedati nei sogni.

6 febbraio 2024

Vestita di poesia



Avevi solo un modo
per diventare eterna:
finire sulle mie righe
sconclusionate
vestita
di sola poesia.

22 gennaio 2024

L’insano fardello



Vorrei chiederti
come ti permetti?
- ignara -
portare di qua e di là
il mio cuore
insano fardello?

Ma mi rispondo:
- altrove -
palpiterebbe d’inerzia
senza fremiti e fiamme.

Sarebbe capace di fermarsi
senza neanche
farsene accorgere.

17 gennaio 2024

La morte delle parole



Le parole muoiono
dopo lunghe agonie
in debito d’amore.

Poesia piccina



Voglio scrivere una poesia
piccina piccina
solo uno scarabocchio
in mezzo a un grande spazio
un immenso spazio bianco
dove vivi tu
con la mia confusione
e una matita spuntata.

9 gennaio 2024

Impronte di labbra



Quella sera
era accesa di stelle
fiammiferi distratti
ruzzolavano sul parabrezza.

Ti avevo perso ad una curva
- che non sembrava
fosse davvero così curva -
finché non mi bucò le palpebre.

La notte ormai
mi era scesa nelle tasche
ero chino sul volante
a guardare la vita slacciata
quando sentii bussare
tanto da ingoiare il cuore.

Le tue labbra rosse
erano disegnate sul vetro
e ne sentii il sapore
l’ultima volta
prima di nascere.

6 gennaio 2024

Lo scorpione



Penso a chi va per mare,
e a dritta
ha sempre un altro orizzonte,
a chi ha un’ala nascosta
sotto il cappello,
agli esploratori di sè,
ai minatori di carezze.

Penso agli affamati di sogno
a chi dorme
sotto i ponti dell’assurdo
ai matti che parlano
il linguaggio dei gabbiani.

Penso a chi viene punto
dallo scorpione della poesia
e non aspetta altro
che il veleno lo uccida.

3 gennaio 2024

L’aratro del Tempo



Pingue di boria il Tempo
ignora la mia destrezza
e tenta la connessione
con pusillanimi recettori:
la Ragione ed il Buon Senso.

Abbaiano - loro -
ad una luna epicurea
che li gabba di luce.

Io viandante di alfabeti
m’aggiro in crateri illuminati
sull’Oceano delle Tempeste
dove affonda la tua ombra.

Sei dall’altra faccia
dove il Tempo non arriva:
il suo aratro è fermo
e tu continui a rifiorire
eterno bocciolo di rosa.