Pubblico il mio contributo al programma della coalizione che sostiene il dr. Martino Contento come candidato Sindaco.
Se dovessi condensare in due parole la mia risposta alla domanda: di cosa ha bisogno Monopoli, le due parole sarebbero protezione ed evoluzione.
La nostra città ha bisogno di essere protetta dopo un decennio nel quale è stata sottoposta ad aggressioni di tutti i tipi.
Aggressione alla salute dei cittadini. Allo stato attuale non conosciamo portata e conseguenze di quello che accade nell’aria che respiriamo. Non conosciamo le ricadute che essa ha sui prodotti della terra e sulle falde acquifere. Non abbiamo riscontri e verifiche sufficienti sulla qualità del nostro mare, sulla sua balneabilità, al di là di bandierine di puro effetto cromatico. Non conosciamo dettagliatamente chi, cosa e come viene fatto defluire a poche centinaia di metri dalle nostre spiagge.
Aggressione del territorio. Sta imperversando una rampante classe imprenditoriale che non si fa scrupoli di occupare e cementificare qualsiasi spazio libero, insinuandosi abilmente fra concessioni elastiche, sanatorie improvvide e autoreferenzialità presso le istituzioni. Costruire sul mare è vietato solo sulla carta e così vantiamo anche noi la nostra Punta Perotti. E’ incomprensibile che se 50 anni fa è stato edificato un obbrobrio, la legge permetta di riprodurlo pari pari, visto che c’era già.
Aggressione alle tasche dei cittadini. E’ da inquadrare in questo modo la sproporzione tra imposte percepite e inefficienza del servizio di raccolta dei rifiuti. Eppure stiamo imparando a riciclare. La maggior parte della cittadinanza vuole conferire in modo virtuoso. Ma si scontra quotidianamente con difficoltà e carenze incredibili per un paese civile. Cambiano ditte, società, appalti ma scopriamo che dietro le quinte c’è sempre qualche nome ricorrente nei posti chiave del servizio.
Aggressione scomposta del cuore del paese. Monopoli nella storia era la città dei 4 quartieri: Egnathia, Japigia, Apulia e Peucezia. Monopoli è la citta delle cento Contrade. Per quale motivo ora sembra che esista solo il Centro Storico a rappresentarla? La nostra splendida piazza (alla quale sarebbe ora, per inciso, di cambiare nome, archiviando le invereconde denominazioni monarchiche) soffre di ingiusta solitudine: piange il cuore vederla deserta già alle 10 di sera mentre non si riesce a passeggiare per la calca in via Garibaldi.
Aggressione alla cultura e alle tradizioni. Monopoli nasce come simbolo dell’accoglienza. L’antica Portus Pedie, villaggio di poveri pescatori, abbracciò le genti profughe della ricca Egnazia distrutta da barbari invasori. L’ospitalità è nel nostro DNA. Ora ne abbiamo fatto un business, mordi e fuggi, per tre mesi all’anno, tassando pure il soggiorno.
Passiamo alla parola evoluzione.
Questa città ha bisogno di crescere culturalmente e di recuperare il meglio di sé. E’ necessario conoscere bene cosa c’è sotto di noi, cosa si muove nelle profondità prima di capire cosa e dove edificare. Non mi risulta (non vorrei sbagliare) sia mai stato fatto uno studio geofisico serio sul sottosuolo della città. Non mi risulta sia mai stato fatto un’analisi del fondo marino e delle correnti delle acque circostanti la città per capire come e dove eventualmente attrezzare delle infrastrutture portuali alternative, turistiche e commerciali. A questo, ma non solo, tende la proposta che ho avanzato qualche tempo fa, di fare di Monopoli una città universitaria. Avevo pensato alla zona dell’ex Cementeria, ma va bene dappertutto, purchè si faccia. Accoglienza stanziale di studenti e docenti. Facoltà che si occupino dello studio del territorio e delle attività portuali, del turismo e delle tradizioni storiche della città. Ai visitatori della città occorre offrire qualità. Ogni due o tre pizzerie, una bottega artigiana. Ogni due o tre B & B, una galleria d’Arte. Ogni due o tre bar, una mini biblioteca multimediale. Si potrebbero concedere agevolazioni burocratiche e fiscali per incentivare le aperture di queste attività. E basta discoteche a cielo aperto in luoghi inadatti come i vicoli del centro storico: la musica deve accompagnare il viandante, non bombardarlo. Che brutta parola abbiamo inventato: zonizzazione. Basterebbe il buon senso. I luoghi di intrattenimento vanno creati, ma nelle periferie, cosa che contribuirebbe anche a rivitalizzarle.
Insomma ad ogni occasione di ricambio della classe dirigente della città apriamo e, subito dopo, chiudiamo il nostro libro dei sogni. Ciò accade perché la politica ha sempre avuto lo sguardo miope e la volontà di non spezzare equilibri che consentano di galleggiare, magari anche facendo bella figura. Ci rendiamo conto che non è facile voltare davvero pagina e imboccare una strada certamente più impervia. Pur tuttavia non demordiamo e cerchiamo di offrire un contributo molto semplice da osservatori indipendenti e neanche competenti, ma, anche per tradizioni familiari, caldamente affezionati alle nostre radici e desiderosi di offrire alle future generazioni un posto migliore in cui vivere.