12 maggio 2008

La fine delle parole

Quando accade una tragedia scatenata apparentemente da cause naturali ciò che sconvolge non è la distanza fisica che ci separa da quelle vittime innocenti, ma la distanza spirituale: la nostra vita di occidentali imbevuti di falsa opulenza, di egoismi bipartisan, di complessi di vergognosa sazietà, scorre sempre uguale, in un universo che si è disconnesso dalla morale, in un melmoso panta rei fatto di pensiero flaccido, di pentitismi d'occasione, di barricate in torri d'avorio protette da una informazione drogata e pilotata ad arte. Se poi azzardiamo un approccio a chi fa della fede una missione di vita cercando delle risposte, anche irrazionali, ma che siano risposte, ci sentiamo presentare il "disegno imperscrutabile del divino". Non ci basta più. La fede come la politica sono ormai strumenti inservibili. Dobbiamo solo accogliere nel nostro cuore questo immenso dolore, fare in modo che tracimi, che sommerga altri cuori, altre sensibilità, coscienti che solo l'uomo può guarire sè stesso, può perforare la sua corazza di indifferenza, altrimenti sarà la fine dei tempi e delle parole.

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