17.7.18

Piazza Heleanna: il grande cuore della città




Avevo 12 anni quando nella notte del 28 agosto 1971 si consumò la tragedia della nave-traghetto Heleanna. Ricordo vagamente il trambusto, le sirene, le notizie che allora viaggiavano unicamente sulla TV nazionale e sulle bocche della gente. L’incendio a bordo provocò la fuga in mare dei viaggiatori in balia di mezzi di soccorso insufficienti e in numero quasi doppio rispetto alla capienza prevista. Ci furono 41 vittime e 271 feriti. La nave si trovava al largo di Torre Canne. La salvezza dei superstiti venne assicurata con il decisivo contributo delle marinerie, tra cui quella monopolitana, che venne successivamente premiata istituzionalmente con la Medaglia d’Argento al Valor Civile, e personalmente, con riconoscimenti ad alcuni marinai e comandanti di pescherecci. Commovente fu l’ospitalità che venne fornita con grande cuore dalle famiglie della città a viaggiatori che avevano perso tutti i loro beni. Questa pagina gloriosa di recente storia cittadina mi spinge a proporre una importante variazione nella toponomastica: a ricordare le gesta coraggiose e improntate all’umana sollecitudine dei nostri concittadini andrebbe dedicata la piazza Centrale. Verrebbe così cancellato un’anacronistico riferimento sostituito da un omaggio che sarà per sempre proprietà e simbolo della città, specie per non dimenticare mai che spirito di accoglienza e solidarietà tra i popoli devono essere prerogative irrinunciabili per un paese che vuol definirsi civile.

3.7.18

La Strada delle Ginestre *


Lassù
friniscono le cicale
schiamazzano
annoiate tortore,
e prodigo
di scheggiati pastelli
ti affabula
lo splendido mix:
algida roccia,
atavica pietra
verde scolpita.

Lassù, tronfio
di impertinenti energie
affronto le rampe,
vorticoso ombelico
di sapienti spire.

La carezza delle ginestre
è soffice, fluente,
barbagli maculati
frantumano l’ombra
dei tratti di lentischio.

In fondo alla valle
Egnazia ammicca
sorniona e mai doma:
il Barbaro ha calpestato
infierito, divelto,
ma non schiacciato
l’orgoglio dei padri
e noi, eredi,
il mento al cielo,
sfidiamo.

Affronto deciso
le tornite curve:
il provvido Maestrale
solido, affusolato
porta sollievo
alla torrida stagione
e spinge ad osare
deviare, trasgredire.

In basso
le antiche Masserie,
iperboliche radici
vestali custodi
affondate nella Storia,
biancheggiano eterne.

La meglio gioventù
della strada e della vita
si concede
tempi e lampi
effimeri soli,
pindarici voli.

Mi curvo ancora
ondeggio, scarroccio
e cerco di glissare
il suolo che m’attende
lento e costante
mentre le ginestre ormai
occhieggiano lontane.

Il mare è un sentiero
graffiato d’azzurro
orlato di marmo
e pare sorvegliare
da lungi, placido,
l’epilogo.

La penultima curva
stringe il cuore
ponendo inevasi quesiti,
arroccati misteri.

La speranza della Croce
vivido conforto
domina l’orizzonte
mentre plano
come drone silente
e Monopoli,
splendida culla
adagiata sull’acqua
ridondante, m’esplode.

Sono quasi alla fine
intravedo la mèta
le solide certezze
il mio paese
l’amore vissuto
tra piazze e vicoli
profumi di alga,
spaccati di sogno.

La pianura
mi riaccoglie
paziente,
le bizze ricompone
perdona, risolve.

La Strada delle Ginestre
è la strada della vita
tante svolte,
alla fine una retta
che prende per mano
e conduce a casa.

* La Panoramica Monopoli-Alberobello