friniscono le cicale
schiamazzano
annoiate tortore,
e prodigo
di scheggiati pastelli
ti affabula
lo splendido mix:
algida roccia,
atavica pietra
verde scolpita.
Lassù, tronfio
di impertinenti energie
affronto le rampe,
vorticoso ombelico
di sapienti spire.
La carezza delle ginestre
è soffice, fluente,
barbagli maculati
frantumano l’ombra
dei tratti di lentischio.
In fondo alla valle
Egnazia ammicca
sorniona e mai doma:
il Barbaro ha calpestato
infierito, divelto,
ma non schiacciato
l’orgoglio dei padri
e noi, eredi,
il mento al cielo,
sfidiamo.
Affronto deciso
le tornite curve:
il provvido Maestrale
solido, affusolato
porta sollievo
alla torrida stagione
e spinge ad osare
deviare, trasgredire.
In basso
le antiche Masserie,
iperboliche radici
vestali custodi
affondate nella Storia,
biancheggiano eterne.
La meglio gioventù
della strada e della vita
si concede
tempi e lampi
effimeri soli,
pindarici voli.
Mi curvo ancora
ondeggio, scarroccio
e cerco di glissare
il suolo che m’attende
lento e costante
mentre le ginestre ormai
occhieggiano lontane.
Il mare è un sentiero
graffiato d’azzurro
orlato di marmo
e pare sorvegliare
da lungi, placido,
l’epilogo.
La penultima curva
stringe il cuore
ponendo inevasi quesiti,
arroccati misteri.
La speranza della Croce
vivido conforto
domina l’orizzonte
mentre plano
come drone silente
e Monopoli,
splendida culla
adagiata sull’acqua
ridondante, m’esplode.
Sono quasi alla fine
intravedo la mèta
le solide certezze
il mio paese
l’amore vissuto
tra piazze e vicoli
profumi di alga,
spaccati di sogno.
La pianura
mi riaccoglie
paziente,
le bizze ricompone
perdona, risolve.
La Strada delle Ginestre
è la strada della vita
tante svolte,
alla fine una retta
che prende per mano
e conduce a casa.
* La Panoramica Monopoli-Alberobello
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