Era distratto
quel giorno Gilgameš
scrutava i confini del mondo
palleggiando con la Terra
sui gradini del tempo
freestyle in canotta
la grazia di un bulldog.
Sotto gli Archi di Vanagloria,
Mestizia e Furore
tiravano a dadi
la sorte degli apogei:
“lei è morta ma non sepolta
lei è sepolta ma non è morta
lei è morta ma non sepolta
lei è sepolta ma non è morta”.
E un Sudario
infracidito di Senso Comune
organicamente spaiato
copriva vergogne sataniche.
“Ma qual è il geomètra
chetuttosaffige?”
Sbalestra la bussola
puntando la prora decisa
sulla rotta dove Angeli e Demoni
si rincorrono su dune di corallo.
Ištar sporge i seni
offrendo voluttà
ma i denti da vampira
affondano nel cuore.
Hubaba lo spaventa
nella Foresta dei Cedri,
lo bracca il Toro Celeste
sul Mare della Morte.
“Ho ucciso divinità
per fuggire dal dolore:
dove sei Utanapistim?
hai sconfitto il Diluvio
rovescerai la mia clessidra.
Ma il serpente ha divorato
la Pianta della Gioventù:
sono solo Gilgameš
e non sarò immortale
non posso più giocare
con la Terra e con il Fato.
Enkidu, amico mio,
mi hai letto deferente
la scritta sul fondale
del Tempio dei Morti
dove stalattiti di ghiaccio
colavano pece fumante
su piaghe purulente:
lei è morta ma non sepolta
lei è sepolta ma non è morta
lei è morta ma non sepolta
lei è sepolta ma non è morta”.