28.1.23

Rondine sbandata



Chi sei tu?
Non mi fido.
Hai occhi di noce
come quelli che m’ingannarono.
Leggi le mie poesie,
ma non gli spazi,
non le pause e le cancellature.

Lo sai?
Io sono nascosto lì
sdraiato tra parentesi,
curvo sotto il tondo
degli interrogativi.
E gli esclamativi - ahia! -
quelli sono perduti,
come gli amori e le rivoluzioni.

Non mi fido.
Sai tenere un aquilone?
Sai fare una barchetta
e spingerla nel mare del tempo?
Io lo so fare
e allora seguimi,
lancia la mia paura
al di là del perimetro
che circonda il falso,
volami dentro
rondine sbandata
medicherò la tua anima
con garze di sogno.

I passi del silenzio



Il silenzio
ha un suo scandire:
la resa esanime
del tuo vestito
appallottolato;
il tuo richiamo laccato
imbevuto di rosso;
la capricciosa fragranza
delle tue anche chiare;
e infine il prodigio
che ci sfianca
e c’invola.

27.1.23

L’assedio alla memoria



Oggi indossiamo
stivali di consapevolezza
protetti da schizzi
di fango mascherato.

Marciamo con i vessilli
di anime gigantesche
mentre sui troni
imperversano pagliacci
travestiti da statisti.

Perennemente concentrati
in campi di sterminio
di verità e giustizia
in una mano una bandiera
nell’altra una tagliola.

E le guerre scorrono lente
con i sempiterni sconfitti
carne da macello
dei padroni del mondo.

22.1.23

Quello che ci raccontammo



Nelle ampolle dei miei ricordi 
chiaroscuri s’intrecciano
discorsi rannicchiati nel buio
chiusi a chiave
buttati sotto il letto.

Quello che ci raccontammo
era una luna piena
incollata a muri stonacati
fra sedili e sudori
e vetri infranti di follia.

Noi eravamo ciò
che non volevano fossimo:
ribelli, curiosi,
con le nuvole stese fra le teste
guardando i nostri corpi
camminare senza meta.

I tuoi pennelli di libertà
le mie poesie di rabbia
i tuoi discorsi sulle pietre
madri stremate sorridenti
tu ustionata di rimproveri
l’ultima è sempre la peggiore.

Quello che ci raccontammo
io, un pò Gulliver un pò Sandokan
fra trenini e pirati
volevo fare il manovale
e conquistare Marianna
la mia Perla fra i sassi.

Tu, pecora nera
parlavi alle allodole
a cavalcioni di un parete
un pò maschio un pò falena
fuori posto in tutti i posti.

Quello che ci raccontammo
ci semplificò in frazioni
minimi comuni denominatori
numeri primi in sequenza
assolati, contigui, incastrati.

Noi lacrime morte negli occhi
amammo i nostri peccati
ci penetrammo le anime
senza ritegno con dovizia
monadi in fusione criptica.

Quello che ci raccontammo
scavava ruggine dai petti
concimava deserti
raggelava prigioni
ci lasciava nudi
con le spade fra le vertebre.

Quello che ci raccontammo
sarà terra o cenere
sarà materia oscura
non verrà mai più raccontato
crogiolerà per sempre
nelle nostre gole ardenti.

21.1.23

Feste virtuali



Se non si sta attenti
si potrebbe inciampare
in abbracci,
profughi fuoriusciti
da assembramenti virtuali,
circonferenze di vuoto.

Cosa festeggiamo oggi?
Illusioni da tastiera
candeggina dell’anima
sazietà
in vibrazioni di ciglia.

Un tempo scendevamo
su stradine acciottolate
attraversando il paesello
braccia conserte sui sorrisi
in serbo doni di pezza
molliche di gentilezza.

Erano abbracci di sole
posati su spalle esauste
che ci avevano costruito
parapetti di bontà
dove appoggiare la vita.

Sognarsi



Sognarsi
gomitoli intrecciati
puri e sconci
evasi dalla notte
argilla grezza
amalgamati
debordanti.

E poi svegliarsi
con le unghie
impolverate di stelle.

16.1.23

Fuori posto



Oggi ti ho lavata
stesa
asciugata
stirata
piegata
e ti ho rinchiusa nel cassetto.

Ma poi sono venuto a riprenderti.
Non era il tuo posto.
Ora sei seduta con me.
Mi indichi un punto sul petto.
Si, è lì che vuoi stare.
Sei la mia solitudine.

Il caffè amaro



Ogni mattina
nel gorgoglio del caffè
s’agitano increspature
che rigano la stanza.

Sei tu che vibri
sulla sponda dello Stige
e mi strappi inclemente
dal provvido aggrappo
a cui s’affida il giorno.

Un poeta che corre



La corsa
inanella percorsi
a guida entropica
suggella traguardi
a enfasi aulica

il poeta dentro di me
si fa strumento
eco didascalica
i miei passi densi
bosco di sensi
amori sparsi.

Fatti sognare



Fatti sognare forte
talmente forte
da rimboccarti di baci
e tenerti negli occhi
finché la notte
ormai nuda
farà l’amore con l’alba.

Rifornimento



Chiedo il permesso
di fissarti in silenzio
rifornirmi di te
tracimarmi dentro
per la tua assenza
la mia riserva d’amore.

10.1.23

Solstizio



Il sole sta scalando
gradini di luce
sulla scala tribale
di stagioni fuorviate.

Lascio che corra:
nel mio arco di cielo
lo zenith del tuo viso
scompiglia il moto degli astri.

7.1.23

Poesia a matita



Ti scriverò
una poesia a matita
un pò pazzerella, un pò spuntata
con parole sbucciate,
saltando le righe,
andandomi a scontrare
con le barre dei margini,
capovolto e in diagonale,
al rovescio e di sghimbescio.

Forse non capirai nulla
ma sull’ultima riga
(ricordi quella macchiolina
di cacao sfuggito
alle tue labbra?)
ci sarà in maiuscolo:

AFFILAMI IL CUORE

3.1.23

Genesi poetica



La poesia per me
è quella fastidiosa gravità
che tira giù una lacrima
aggrappata allo zigomo

il brivido che gratta
i basolati sconnessi
di vicoli poco battuti
sulla schiena dell’anima

il ticchettio dell’orologio
sulla mensola impolverata
dove s’àncorano i ricordi
in chiassose adunate

la foto in bianco e nero
spiegazzata sulla ferita
ancora aperta
ancora maledettamente aperta

questo cuore ergastolano
nelle conturbanti galere
dove strombazziamo
vite smerigliate
e turbamenti rococò.