19 giugno 2013

Cala Portavecchia, l'accoglienza della città





Io e Franco Muolo stavamo navigando nello stesso mare a nostra insaputa. Un mare periglioso ed infido, ma proprio per questo intrigante e sensuale, non per la presenza di omeriche sirene tentatrici, ma per il trasporto che nutriamo per questa nostra città e per il desiderio di rivedere la bella Monopoli che fu, rivisitata e agganciata ai tempi. Navigavamo bordeggiando sotto costa, sfiorando con lo sguardo Cala Portavecchia e rimembrando antichi attracchi, stabilimenti e cabine di legno, pini secolari, ponticelli rustici, giochi di bambini scalzi e arrossati, tuffi e immersioni fra le pentime. Lui, Franco, con il piglio del tecnico, già disegnando schizzi di bracci e dighe; io, più modestamente, incapace di disegnare geometrie, ma solo voli della fantasia, immaginando soluzioni più accessibili, considerate sia l'attuale miopia che ci amministra, che non ci ispira fiducia al di là dei facili laterizi, sia l'attuale fase di “spending review” (una frase molto elegante per definire il famoso “piombo a denaro” del mitico tressette). Cala Portavecchia è sempre stato il rifugio naturale per chi, veleggiando o remando contro il Maestro, non riuscendo a superare l’ultimo ostacolo delle mura da circumnavigare, si arrestava sotto di esse, riposando e attendendo la fine della burrasca. Un paesaggio fiabesco circondava l’avventore, con le mura illuminate da cento stoppini e la spiaggia accogliente a poche braccia. La mia idea: pensavo a come è stato protetto il lungomare di Bari. Semplici barriere frangiflutti. Bruttine a vedersi, questo lo ammetto. Ma con il grande pregio, credo, di essere la soluzione più economica per quello che vogliamo ottenere. Una barriera frangiflutti che sbarri il passo ai marosi prodotti dai venti spiranti dal quadrante meridionale e che copra la zona che va dalla punta di Porto Rosso all’ingresso in Portavecchia. Metodiche e posizionamenti saranno di competenza dei tecnici specializzati, il cui abile lavoro consentirebbe:

1) La realizzazione di un vero e proprio stabilimento balneare PUBBLICO, sulla spiaggia di Portavecchia, con spogliatoi e servizi igienici scavati nel cemento sotto il manto stradale, servizi di docce, di sorveglianza e di salvataggio.
2) Un pontile in legno che parta da sotto la muraglia, dietro la barriera frangiflutti, destinato esclusivamente all’ormeggio dei nostri splendidi e unici “gozzi”, che offrirebbero la possibilità di noleggio per visitare le mura e il Porto dal mare.
3) Il ripristino definitivo del ponte sull’isolotto che potrebbe nell’occasione essere dedicato al “Pescatore Monopolitano”, adornandolo con le reti e le attrezzature tanto care alla nostra gente di mare.
4) La rivalutazione delle tre ultime spiagge libere cittadine rimaste, cioè L’Acqua di Cristo, Porto Bianco e Porto Rosso, anch’esse più protette e ricche di arenili più stabili alle correnti.




Non sono in grado di dire se tutto ciò può funzionare solo nella fantasia o se ci siano presupposti tecnico/operativi perché possa dirsi realizzabile, ma mi piace pensare affermativamente. Se poi soluzioni di più alto profilo fossero avvicinabili, magari con fondi europei (qualcosa del genere ha fatto la Regione Toscana per la “riqualificazione del litorale”), ben vengano. Franco ricordava i fasti e gli onori della Monopoli che si riscattava dagli spagnoli. Più sommessamente è da sperare che piccole operazioni “culturali”, come quella fin qui descritta, possa, se non innescare una “età dell’oro”, almeno cambiare un poco le prospettive di sviluppo per questa città che non deve più soffocare nel cemento, ma trovare nella creatività, e nella valorizzazione delle risorse naturali ed artigianali, nuovi stimoli e propulsioni.

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