17.9.13

PD: Politici in cerca D'autore (*)


Quando mi si è sollecitata una qualche riflessione sull’attualità politica locale ed in particolare, su ciò che sta accadendo nella galassia PD & affini, ho avuto serie difficoltà nel trovare materia dirimente sulla quale innestare spunti più o meno degni di approfondimento. Un non-Segretario che si dimette senza essere stato eletto, per protesta contro la condotta di un non-iscritto, pupillo di un capogruppo divenuto tale in quanto ex non-candidato, ma autocandidatosi Sindaco. Roba da manuale di psicanalisi. Le sportellate, tanto più assordanti quanto regredenti sul piano della materia grigia, alle quali stiamo assistendo, fanno parte ormai di una drammaturgia che si avvicina al pirandelliano “teatro nel teatro”. Nella famosa Trilogia “Sei personaggi in cerca ‘autore”,” Stasera si recita a soggetto” e “Ciascuno a suo modo”, viene esplorata la dimensione del meta-teatro, quella dimensione cioè nella quale attori, ruoli interpretati, vicende umane e sceneggiature si confondono e si sovrappongono, ponendo questioni filosofiche sulla natura e il limite (e se vi ha da essere addirittura un limite) della recitazione, in quanto ognuno di noi, anche nella vita reale, interpreta una “parte” drammatica. Il canovaccio al quale stiamo assistendo appare così similmente confinato sul terreno della meta-politica, un terreno sul quale ognuno sta recitando un ruolo che ritiene più o meno consimile ai propri interessi, bassi o alti che siano. Sullo sfondo tante rese dei conti da compiere. C’è il burocrate intransigente che passava per caso di lì, c’è l’uomo del fare e (dis)fare che alza il sopracciglio verso tutto ciò che giudica radical-chic, c’è il narciso opportunista, c’è il palafreniere pentito e tutti coloro che si sono pentiti di essersi pentiti. C’è tutto tranne che un partito. Ma ormai il PD ha iniziato a cessare di essere un partito da quando correnti di profughi democristiani ne hanno scalato le gerarchie, occupato le dirigenze, obnubilato la progettualità, svenduto le coerenze. Taluno si è inventato il renzismo, malattia infantile dell’ecumenismo, parafrasando Lenin. Tali correnti, quando esisteva lo scudo crociato, avevano una ragion d’essere in un partito votato all’occupazione del potere, che aveva scannerizzato la sua struttura interna sulla base di quella dello Stato o dell’Ente locale amministrato. Ma quando quella struttura ha da essere riformata, quando occorre mettere in campo energie positive, quando conta il cuore più che il cervello, le correnti manifestano malessere, scorréggiano, sgomitano e calpestano, generando un tumore linfatico che non lascia scampo. Quando si è all’opposizione occorre un progetto alternativo. Punto. Se si è fatta un’analisi corretta e puntuale della mala-gestione del Primo Impero Romani è dovere di un'opposizione degna di questo nome dotarsi di uno strumento programmatico che abbia una scala di priorità sulle quali confrontarsi con la Giunta insediata. Se per mera casualità accade di potersi allineare alla maggioranza su particolari problematiche che possano risolversi a beneficio della cittadinanza, nulla quaestio. Per far questo non c’è bisogno di azzannare al volo deleghe pelose come fossero mangime per porcilaie. Altrimenti rigore, controllo serrato e circolazione virtuosa di idee nuove. Solo questo chiede un elettore medio, non la rivoluzione d’Ottobre. Non credo che sia complicato, per un partito che voglia ricostruire una certa credibilità, trovare unità d’intenti su questo. Tutto il resto sono scorie radioattive democristiane di cui non abbiamo nostalgia.

(*): Pubblicato sul numero di settembre 2013 di Report.m

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