29.7.23

Il viaggio di Ulisse



Lasciai la tua alcova
dove fummo fuoco
abisso e cuspide
e andai per mare
eroe riluttante
di guerre immeritate.

Dovunque fui tentato
da morte rigenerante
e lussuria ingannevole
dodici terre
e dodici mari
spezzarono i miei anni:
solo un timone
fisso, eterno mi legó
mia Penelope nel vento
seguivo il tuo profumo.

Il ritorno da te
fu corda dorata
emiciclo di stelle
fusione di primordi
abitando in te
il senso del creato.



25.7.23

La casa dell’anima



La casa dell’anima di noi poeti
è un dedalo di vestiboli
con porte sbarrate dal caso
che ci ha tolto le chiavi.

Noi delusi
noi reclusi
noi compressi
noi repressi
noi confessi
noi…fessi.

Noi
che circumnavighiamo
il bordo delle cose
andando a fondo
proprio nel centro
dell’ingorgo.

Noi
che annaffiamo
di whisky e idrolitina
la cenere degli anni
siamo giardinieri inutili
maggiordomi di sogni.

18.7.23

I racconti dell’imbrunire



Già, i tramonti. Sono soggetti puntuali, fotogenici, ricercati e, in tutta onestà, se la tirano un pò. Pretendono il centro della scena e se non li evochi, non sei davvero coinvolto. Li infiliamo in tutte le salse - troppe - e loro a volte fanno i preziosi e si coprono di nuvolaglia fastidiosa. Può accadere di tutto al loro passaggio, ma noi, per comodità, ignoriamo ciò che non ci serve e raccontiamo il bello, il poetico, l’eterno. Raccontare. Io ho scelto l’attimo dilatato e diluito del tramonto per aprire delle parentesi fra le ore e liberare storie anormali. Perché le storie colorate di rosso fra quelle parentesi non possono che essere anormali. Perché non è normale nulla al tramonto. Vince l’amore, sempre. E se anche non vince, non capitola mai. Si rimette la giornata sulle spalle e ricompare al successivo, fantasmagorico, anormale imbrunire.

14.7.23

Tartaruga capovolta



Tartaruga capovolta
è il poeta
che rugge
contorcendosi
in disperate aporie

moncherini inerti
le sue parole mozze
sollevano il mondo.

12.7.23

Le sere d’estate





Defilato 
fra spigoli di luna calante
osservo la tua posa distratta
mentre lucicchiano vite
sparpagliate sulla pianura.

Penso di amare
quel tratto rilassato
le rughe accomodate
e i riccioli presi d’assalto
da un sonno che soverchia.

E ti prendo la mano,
scippandoti al sopore:
le sere d’estate
sono da spogliare piano piano
con il cielo sulle bocche.

11.7.23

Sintonie



Ci sono sintonie
pizzicori d’amigdala
che chiedono passaggi
alle nuvole
ci piovono addosso
e si appiccicano alla gola.

Anche se ignoro
la forma dei tuoi pensieri
o gli odori dei tuoi desideri
qualcosa dentro mi si frantuma
e sono pezzi di cuore.

9.7.23

Toccatevi



Se vi amate
toccatevi ovunque
connettete fluidi,
ioni gentili
sonderanno la cute,
si riconosceranno
e si plasmeranno
con danze tribali.

Toccatevi
negli angoli
e sotto gli archi
sulla fronte
e sui talloni,
toccatevi
e le vostre dita
parleranno d’amore.

8.7.23

La fuga dell’aquilone



Folata di vento
capriccioso
scavò gioia nel cielo
rubó le nuvole
e le nascose al sole.

M’innamorai
dei suoi barbagli
e l’acciuffai.

Ma non tenne la corda
scivoló
perse colori e sbiancó
come il resto della vita.

Sei la mia rotta



Siamo noi
mercè
di liquida follia
inseguirci di bolina
ansiosi di maestro
ci toccheremo
quando il blu
sanguinerá di luna.

4.7.23

Recensione di “Questo taccuino” di Nicola De Dominicis



Leggendo il “Taccuino” di Nicola De Dominicis ho frugato nei ricordi di bambino/adolescente per estrarre le modalità più comuni all’epoca per “fissare” un qualche pensiero o emozione dalla quale venivo colto. Ebbene di taccuini - o surrogati che fossero - ne avevo eccome. I diari di scuola per lo più. Ma anche i banchi stessi che potevano diventare fogli da disegno da imbrattare con i pennarelli, i muri dei bagni o anche semplicemente i vetri appannati di una finestra. Quante storie potevano essere raccontate se non ci si fosse fermati lì a quei gesti liberatori cristallizzati in pochi scarabocchi.
Con la maturità e la tensione creativa, De Dominicis ha messo ordine, sale e cuore ai suoi appunti entrando con delicatezza e fascino nel mondo delle favole. Sale e cuore - ho scritto. Il cuore è del bambino a “fantastico grado zero”, come descrive il sè stesso intonso e spontaneo. Il sale è dell’uomo e dello scrittore conscio del mondo che lo circonda e che lo porta ad un lavorìo complicato per “costringere” l’immenso universo fiabesco nel ristretto contenitore della realtà. Diceva Gianni Rodari che “la fiaba è il luogo di tutte le ipotesi”. E l’Autore di ipotesi ne ha costruite molte, alcune dolcissime, altre sottilmente alludenti. Le cose apparentemente inanimate prendono possesso del lettore in un contesto quasi disneyano e si rivelano illuminate di quei sentimenti che scarseggiano negli umani. È indubbio un intento pedagogico come in tutte le favole che si rispettino. Ma soprattutto viene evocato l’invito a raccogliere nella nostra quotidianità questi “pensieri sciolti”, queste emozioni precipitate da chissà dove, per farne un taccuino da tenere da qualche parte, in tasca o nel cassetto del comò. Chissà, un domani ci potremmo ragionare sopra - con sale e cuore.
Come disse Paul Valery: “In principio era la Favola. E vi sarà sempre.”

Omaggio a Wisława Szymborska



Chissà se hanno ragione
i sopraccigli sollevati
quando vedono passare
i poeti che zappano i marciapiedi
con gli occhi inzuppati
e ridono oh! quanto ridono!

Probabilmente hanno ragione
con le loro gote gonfie
e le pance smisurate
a guardarci come allo zoo
creature in perenne estinzione.

Sicuramente sono nel giusto
lo dice la tivvù
non uscire nelle ore calde
il cielo dà alla testa
a chi ci vive troppo spesso.

Sono certo che sia così
a che serve tanto scrivere
basta un ok, uno yes
un pollice privato dell’unghia
un chissenefrega siamo vivi.

È vero giriamo tutti in tondo
il mare si svuota sulla terra
evviva ce la faremo
i piccoli sotto - i grandi sulle teste
che ce ne facciamo delle favole.

Probabilmente hanno ragione
troppe domande da gastrite
e il senso lo spariamo coi cannoni.