Leggendo il “Taccuino” di Nicola De Dominicis ho frugato nei ricordi di bambino/adolescente per estrarre le modalità più comuni all’epoca per “fissare” un qualche pensiero o emozione dalla quale venivo colto. Ebbene di taccuini - o surrogati che fossero - ne avevo eccome. I diari di scuola per lo più. Ma anche i banchi stessi che potevano diventare fogli da disegno da imbrattare con i pennarelli, i muri dei bagni o anche semplicemente i vetri appannati di una finestra. Quante storie potevano essere raccontate se non ci si fosse fermati lì a quei gesti liberatori cristallizzati in pochi scarabocchi.
Con la maturità e la tensione creativa, De Dominicis ha messo ordine, sale e cuore ai suoi appunti entrando con delicatezza e fascino nel mondo delle favole. Sale e cuore - ho scritto. Il cuore è del bambino a “fantastico grado zero”, come descrive il sè stesso intonso e spontaneo. Il sale è dell’uomo e dello scrittore conscio del mondo che lo circonda e che lo porta ad un lavorìo complicato per “costringere” l’immenso universo fiabesco nel ristretto contenitore della realtà. Diceva Gianni Rodari che “la fiaba è il luogo di tutte le ipotesi”. E l’Autore di ipotesi ne ha costruite molte, alcune dolcissime, altre sottilmente alludenti. Le cose apparentemente inanimate prendono possesso del lettore in un contesto quasi disneyano e si rivelano illuminate di quei sentimenti che scarseggiano negli umani. È indubbio un intento pedagogico come in tutte le favole che si rispettino. Ma soprattutto viene evocato l’invito a raccogliere nella nostra quotidianità questi “pensieri sciolti”, queste emozioni precipitate da chissà dove, per farne un taccuino da tenere da qualche parte, in tasca o nel cassetto del comò. Chissà, un domani ci potremmo ragionare sopra - con sale e cuore.
Come disse Paul Valery: “In principio era la Favola. E vi sarà sempre.”
Nessun commento:
Posta un commento
Grazie del vostro commento.