L’esplosione del Movimento 5 Stelle ha posto sotto la luce dei riflettori il radicale mutamento che è avvenuto sul piano della comunicazione globale. Fino a qualche anno fa (e fino all’ultima consultazione elettorale) eravamo abituati ad un tipo di comunicazione politica che aveva estorto metodi di persuasione di massa dal marketing pubblicitario che, a sua volta, era plasmato su indagini di mercato e target consumistici di segmento. Essa percorreva arterie monodirezionali e si estrinsecava su format omologhi, tanto da escludere qualsiasi manifestazione che non fosse “in linea”. Nel 1994 il marketing ebbe la benedizione istituzionale con Forza Italia che organizzò la sua vittoria con strategie di mercato innovative rafforzando la sua nascita virtuale con la presenza “sapiente” sul territorio delle agenzie di Publitalia. Singolarmente, da contraltare a questo schema ci fu solo Di Pietro che “bucava” il filtro massmediatico proprio con la sua totale difformità comunicativa, fatta di slang proverbiali e inciampi di grammatica, al pari del successo nel varietà degli anni ‘60 del fenomeno Mike Bongiorno. Le strategie di persuasione valorizzarono la figura degli “opinion leaders” che occupavano i circuiti con sapienza e suadenza professionale. Con l’era di Internet la platea dei consumatori/elettori si è via via trasformata ed è nata un tipo di comunicazione “digitale” che grazie alla nascita dei social network, corre sempre più su un percorso binario, interattivo che ha conquistato il desiderio di protagonismo di chi si è sempre sentito manipolato senza possibilità di replica. Sembrava una scoperta epocale: finalmente uno strumento inattaccabile di democrazia diretta, che, al momento di darsi rappresentanza parlamentare, nel caso del MS5 diventa “democrazia liquida”. Grillo stesso, secondo Umberto Eco, trae il suo successo dall’aver ignorato i tradizionali mezzi di comunicazione, e dall’aver saldato in un connubio rivoluzionario rete e piazza, agorà metafisica e reale. Nasce Utopia? Non è così semplice, purtroppo. Gianroberto Casaleggio stesso ci parla dell’avvento di una figura aggiornata dell’opinion leader: l’influencer. Sta in rete, cura blog, interviene sui social, consiglia e convince, blandisce e critica. Quando critica si trasforma in “troll”, una figura perversa, che opera per innescare conflitti e generare dubbi. Insomma per dirla con Gillin "Il new influencer nasce come esercizio di democrazia brutale”. Anche la rete quindi è “inquinata”, infestata da messaggi contraddittori e confusi, e non è semplice districarsene. Queste riflessioni, stranamente, sono emerse quando ascoltavo, tra gli altri, l’intervento di Massimo D’Alema alla direzione del PD. Mentre i circuiti invisibili ed innervati di internet pilotavano milioni di messaggi, veniva redarguita la platea con l’ammonimento che “il rinnovamento non significa la messa in liquidazione di una classe dirigente” (messaggio a Renzi), perché ci siamo fatti gabbare da un “signore di 65 anni che fa riunioni a porte chiuse e prende a calci i giornalisti” (messaggio a Grillo). Infatti. La vecchia comunicazione politica va sempre di moda: evidenziare sempre e solo quello che ci fa piacere per attaccare l’avversario.
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