31 maggio 2013

Imbarbarimento sociale




La crisi che stiamo attraversando infierisce con virulenza sulla parte più debole della popolazione. Mentre al centro dell’attenzione rimangono prevalentemente le conseguenze economiche di tale situazione, poco si riflette sull’imbarbarimento sociale dal quale siamo ora pervasi. I colpi di coda di questo capitalismo marcio e tossico, che vuole a tutti i costi sopravvivere a se stesso, schiacciando la base della piramide, stanno spazzando via reticenze ed equilibri, fin qui precariamente rimasti in piedi solo perché sorretti da un’ipocrita aura di gaudente tranquillità economica. In sostanza, il precipitare delle condizioni di vita consone ad una popolazione residente nella 7/8 potenza economica mondiale, ha strappato il velo ad intolleranze, pregiudizi, violenze domestiche che, fino all’altro ieri, erano purgate da quel placebo di benessere che impediva alla rabbia cieca di esplodere senza freni ed inibizioni. 


Razzismo, femminicidio e omofobia sono gli scheletri che stiamo resuscitando dai sepolcri dove erano stati rinchiusi, ma non sconfitti. Stanno venendo a galla con drammatica evidenza le contraddizioni di un'incultura basata sul possesso e sull’accumulo, sull’apparire e sul moltiplicare, sulla disabitudine a condividere e ad accogliere: cullati dalle nostre false sicurezze ci siamo scoperti improvvisamente abbandonati e tristi. Siamo tanto concentrati sulla difficoltà di mantenere un tenore di vita fatto di sprechi e consumi inutili che diventa insopportabile lo sforzo di comprendere chi ha un colore inconsueto, chi prega verso un’altra parte del cielo, chi si sbatte dentro e fuori le mura di casa, chi ama in una direzione che ci sembra assurda, chi ci rimane sempre, maledettamente, indietro. Purtroppo non è casuale che le vittime principali di questa barbarie siano i bambini, gli adolescenti, le donne, gli omosessuali, i disabili; cioè quei complessi, meravigliosi, ingranaggi di DNA geneticamente intrecciati ed allacciati all’amore, alla famiglia, alla curiosità, al gioco, al sogno, all’abbraccio, alla gentilezza, alla vita. Don Andrea Gallo ci spingeva a “viaggiare in direzione contraria col marchio speciale di disperazione e tra il vomito dei respinti” per riconoscere il volto di Gesù tra gli ultimi: quando anche noi non avremo più spiccioli nelle nostre tasche da allungare al mendicante, ma gli carezzeremo la fronte, quando anche noi non avremo più commenti beceri da fare ma solo braccia da stringere e volti da baciare, saremo veramente, profondamente, più ricchi e meno soli.

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