27.7.19

La leggenda di Pantano


Raffaele Ferretti, mio nonno, nacque a Monopoli da Marcantonio e Angela Grattagliano il 3 settembre 1877. Dotato di viva intelligenza, fu costretto ad abbandonare gli studi dopo la 3° tecnica per sostituire il padre, colpito da paralisi, come economo della Congregazione di Carità (poi I.P.R.A.B.). Dimostrò notevoli doti di autodidatta, ampliando la rete delle sue esperienze in campo letterario, storico e, a causa del suo lavoro, in quello giuridico-amministrativo. Divenne quindi Segretario Generale del suo Ente e partecipò alla Prima Guerra Mondiale nel Genio Ferrovieri. Fu scrittore sapido e graffiante, pubblicando sonetti ed opere teatrali. Fu nominato Cavaliere del Regno d’Italia il 26 ottobre del 1936. Morì a Monopoli il 22/10/1940.
Negli anni precedenti alla guerra a Monopoli si pubblicava il quindicinale "Tripode", una rivista letteraria diretta dall'avv. Emilio Indelli e avente come redattori Clemente Meo-Evoli e, appunto, Raffaele Ferretti. Il 15 giugno 1912 Ferretti dette alle stampe una leggenda che riguardava la cala Pantano, riecheggiando probabilmente la Vieste di Cristalda e Pizzomunno. Ecco il documento.

Nel sorriso del cielo trasparente occhieggiante di stelle, sulla calma imponente delle onde inviolate dagli ultimi riverberi del tramonto, mentre le ombre della sera si avvicinavano misteriose nell'indefinibile pace, invadendo tutte le frastagliature della scogliera e facendo perdere ad ogni cosa i contorni, le linee, le sagome, nella sabbia della cala ampia - stupendo e naturale anfiteatro - Pane, il giovine pastore e Ebe, nelle braccia uno dell'altra si scambiavano i più teneri baci, cullati dal mormorare delle ondine suggestive, leni (*), uguali. 
Il loro amore era nato sul mare, mentre Pane faceva pascolare nei prati gli armenti e Ebe rammendava le reti.
La sabbia che aveva carezze di velluto e che sotto ai raggi del solleone aveva riverberi d'oro, sapeva le loro follie giovanili, ardenti, tutti i segreti delle loro anime innamorate, le speranze, i sogni, ed ogni sera, dopo il lavoro, accoglieva nella sua mollezza che aveva qualcosa di drappico (**), di morbidezza orientale, i loro corpi giovani, mentre le onde cristalline della magica cala, scioglievano un coro ritmico di voci misteriose sotto la spinta leggera del grecale. 
Una Sirena incantatrice, alle leni (*) seduzioni solo Ulisse seppe sottrarsi ricorrendo all'astuzia, una notte colse gli innamorati nel tenero abbracciamento e fremette di gelosia. Chiamò a raccolta tutto il suo potere fascinoso, la sua potenza magica e soprannaturale e cominciò ad attrarre il giovine pastore, strappandolo alle braccia di Ebe chiamandolo a sè in mezzo al mare.
Un lampo brillò a ponente, foriero di tempesta.
Pane si distaccò dall'amata attratto da una forza irresistibile, i suoi piedi cominciarono ad affondare nelle onde che avevano fremiti strani, e quindi camminando ancora sparve gradamente e sparve anche la Sirena che quel corpo adorato trasportò seco sui gorghi profondi del mare, in un letto di alighe, in un'alcova di conchiglie, mentre Ebe invocando l'amato, e correndo lungo gli scogli, esclamava: "Pan t'amo, Pan t'amo!". E con questa disperata invocazione la fanciulla cadde riversa, esanime, mentre il grido veniva ripetuto in mille maniere strane fatte di boati e di sibili dalla tempesta che si era scatenata furente...
Quel grido lo sentirono tutti, ma, confusamente, capirono Pantano e Pantano chiamarono la cala misteriosa.
Da quella notte tutte le volte che il mare deve assumere il suo imponente aspetto di furia e di devastazione, una donna vestita di bianco si vede correre lungo gli scogli; ma da quando, in quella cala, con raro senso di buon gusto, i fratelli Vadalà e C. hanno fatto sorgere il magnifico e comodo stabilimento balneare, ove accorre tutta una eletta colonia di bagnanti avidi di divertimenti e di bagni salubri, quel fantasma foriero di burrasca, non è più comparso esclamando: "Pan t'amo" (e per derivazione fonetica "Pantano") e le acque della cala deliziosa sono perennemente calme, terse, cristalline, freschissime, invitanti ad amare, a sognare...

(*) arcaico: soavi, dolci,morbidi.
(**) avvolgente

Raffaele Ferretti

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