31.12.22

Andare a capo



Vorrei mi portassi 
in quel punto preciso
dove mi sono accorto di vivere.

Prima ero in un capitolo
di un libro di favole.

Mi piacerebbe
andare a capo con te.

La faccia nascosta



La luna 
come una donna speciale
mostra solo una parte.

L’arte seduttiva
del vedo/non vedo
ci condanna
ad una bellezza parziale
e il nostro sguardo
vorrebbe gingillarla
svelarla, percorrerla.

Ma lei non è per tutti.
Quando deciderà di girarsi
sarà per chi
ha letto le sue profondità
e può resisterne il contatto.

La panchina e la luna



Mi manca
quella panchina di versi
dove eravamo seduti
io te e la luna.

Una sera
te la sei messa sottobraccio
“Non è per te” - hai detto.

I miei passi nella notte
e la tua voce
con la luna a bocca aperta.

30.12.22

Il Re del pallone


Negli anni 60 quando il calcio era Ameri, Ciotti, Enzo Tortora e nulla più, per noi ragazzini figli di Carosello, sentire parlare di Pelè era come sfogliare i nostri giornalini preferiti. Nembo Kid o Diabolik, Lanterna Verde o Flash, il funambolo carioca era assimilato ad un supereroe. Forse non esisteva davvero, oppure esisteva certamente come gli altri protagonisti dei fumetti che, prima o poi speravamo di veder compiere le loro imprese sotto casa. Dovemmo aspettare il 1970 per constatare che quel giocatore straordinario era di carne e ossa non una creatura di fantasia. In Messico c’erano i Mondiali e l’Italia partecipava, in veste un pò dimessa, come è accaduto spesso, salvo poi scompaginare i pronostici. Fu una cavalcata straordinaria, come sappiamo. Fino all’ultimo atto dove incontrammo il fumetto. Si perché in quella finale capimmo che, sarà stato pure umano, ma di sicuro aveva i superpoteri. E Pelè divenne il mito che conoscevamo anche con tutti i suoi nomi: Edson Arantes Do Nascimento. E in campo scendevano tutti e quattro: troppo forte. Fu naturale per noi, ragazzini con il pallone dappertutto, eleggerlo ad esempio da imitare. Noi con le ginocchia perennemente sbucciate, con le scarpe aperte a coccodrillo, noi laceri, coi maglioni sudati e i giubbotti a fare da palo. Noi in cerca di terreni e piazze da calpestare correndo dietro a quel SuperTele, SuperSantos (la sua squadra) o i più fortunati, lo Yashin. Noi che ci facevamo anche la radiocronaca e chi dribblava tutti era sempre lui: Pelè. Noi presenti in un tempo lindo e genuino dove non ci fregava nulla di quanto guadagnasse un calciatore. Noi che pensavamo in grande. Noi che da grandi volevamo essere fumetti.

Come Pelè.

25.12.22

Natale 2022


Amare non è solo
una cassetta della posta
con un nome e un indirizzo.
Non è solo lo sfrigolio
di affamate endorfine,
il logorio quotidiano
tra meccaniche celesti
e sublimi banalità.

Amare è ascolto,
respiro, visione,
profondità.

Amare è prescindere,
sollevarsi da sè,
lasciare in stand by
la propria aura
per esplorare i contorni.

Si scoprirà che
la tua presunta opacità
è splendore
nel buio del mondo,
sofferente e solo.

Sei ricco
a tua drammatica insaputa.

Tanto ricco
da poter spendere
immense fortune
nel rivolgere
sguardo e condivisione
a chi vive ai margini
di un Natale bombardato.



24.12.22

Cuore sbagliato

 


Chissà come batte
un cuore sordo,
barricato, pantofolaio
che procede bolso
raspando grumi d’avidità.

Chissà come pulsa
un cuore sotterraneo
tra cavità d’ego morbose
calcificazioni viscerali
e smodate indifferenze.

Ma di che si nutre
un cuore pedestre
tra banchetti di noia
meeting e summit
briefing e conference.

A volte vorrei trapiantarmi
un cuore ignaro a sè
per riposare il mio
evaso dal sistema
nudo alle intemperie
carico residuale.


Ho imparato a disegnare il cielo


Da bambino guardavo il cielo
e il cielo guardava me
ma non lo sapevo disegnare.

Irrisolti restavano
quei sentieri
che cadevano nel buio.

Che confusione
quei fiammiferi negli occhi
quando a bocca aperta
sui sedili anteriori della notte
appannavo i vetri di dubbi.

Ho poi dimenticato
per troppo tempo
il colore e la voce delle stelle
e mio padre mi chiamava
cercandomi invano
fra divani e sconfitte.

Ma poi un giorno
mi regalò un giocattolo
potente come un cannocchiale
che spalancò le volte
e finalmente
tracciai le linee giuste
a formare la mia costellazione.

Ero risolto ma non durò molto:
mi cadde quella lente prodigiosa.

Ora so disegnare il cielo
anche se non lo vedo
perché ogni giorno
ne invento uno nuovo.

La notte delle falene


L’amore si fa carne e sale
unghie torride di vento
brace di sudori
pane e culla primordiali
solo e soltanto
quando le anime
si cantano poesie
nell’eterna notte delle falene.

Il cappotto


Un uomo cammina col suo cappotto.
Un uomo e il suo cappotto camminano.
Un uomo è il suo cappotto.
Un uomo è solo col suo cappotto.
Il cappotto e l’uomo sono soli
e camminano tenendosi addosso
fino alla morte della strada.

12.12.22

L’adagio della sera


Nel desistere dei cobalti
la notte si farà luna
ed io sarò in te
con il murmure
del fiume che si fa mare.

Frammenti statuari


Raccoglierò ogni tuo pezzo
per scolpirti di sogno
ti farò statua
anima frantumata
di carne furente
il mio nulla e il tuo niente
qualcosa più di tutto
essenza di stelle.

Alzare il capo


Il tuo sguardo reclinato
ha mani a coppa
per raccogliere amore
ma celi il tuo profilo
dietro angoli senzienti:
non brillerai mai più
nei cieli di chi guarda in basso.

Anima invischiata


Anima invischiata,
impaludata, inaridita
sarò il vento salvifico
insinuantesi scrupoloso
carezzevole e prodigo
tra fessure anelanti
tra parole prigioniere
stura di catarsi.

Socchiudi le ante
impolverate di gelo
al mio bussare:
porterò con me il sole
usciremo insieme
a rotolarci nel mattino.

Abbandono


Riposa.
Rughe di legno offeso
stimmate di un amplesso
di venti e acque ingrati.

Ferma e solenne
con la traccia
di un polso millenario
cascante dai bordi
labbra riconoscenti
del tuo ultimo amante.

Dicembre


Resta blindato nella vertigine
dei vascelli naufragati,
tempesta della memoria,
canti stonati,
lettere vergate di mestizia,
barcollanti vuoti di senso,
stragi di speranze,
assenze,
piaghe,
argini di silenzio,
bimbi in braccio al mare,
e qualcosa di tenero
che mi urla dentro
e mi dice di uscire
e respirare sorrisi.

Rinascite


Un giorno ti sei alzata
per scrollarti di dosso
parole acuminate
che rigavano la schiena
ecchimosi non suturabili
respiri di muffa
fuliggine di dolore.

Fragile manichino
ti sei afferrata nei gorghi
a una roccia sdruccia
nel crudo fiume
del cimitero delle ali
obitorio dei sogni.

Poi la brezza sulle mani
ha disegnato vita
su carta e corde
era la te raggomitolata
gonfia d’amore e sole
onda felice di schiuma.

Ora non cerchi più appigli
vai dolce sirena
vai a ridestare sensi
a tinteggiare crepuscoli
lasciami guardarti incantato
pendere dalle tue labbra di sogno.