24.2.20

Icaro



Dietro l’angolo
del dubbio
alla fonte
del disvelarsi
sul versante
del tentennare
ascolto i miei passi furtivi
restii all’osare.

I sensi arresi
all’assedio del falso
d’incanto vigili
al vento del dolore
pongono queruli dubbi
sfangano tremori
di sterile incoscienza.

Il passaggio incombe
veste maschere irridenti
al vuoto del vivere
orlato di menzogne 
cantate al mostrarsi

Avanzo gravato
da miglia di voli
con eliche stanche
negletto di nuvole sporche
esalando vuoto.

Mi spingo a cercare
pianure infinite
dove rullare felice
perdermi d’azzurro
tornare lassù
dove il canto del sole
è preda di anime elette.

18.2.20

Maestrale


L’aria rassodata
da frange rubino
screziato d’avorio
trattiene refoli
resilienti, tenaci
uncinati ad uno sbavo
di tempo soffuso

la tua ombra
emerge dal cerchio
paludato ove stremato
arginavo il dolore.

Ma da lungi s’annuncia
parto di rupi glaciali
imperioso irruente
scavalca gli indugi:

Salute a te
provvido Maestrale
principe dei venti
vindice di rassegnazione
sacro purificatore
dei vicoli del cuore

oggi volo
sui gracili percorsi
della memoria
il passo ritmato
inclino e raccolgo
folate d’ebrezza

portami sul dorso
del senso fugace
rigenera smorte cellule
alzami benigno
in cima al destino.

10.2.20

La mia corsa con un amico

E’ un pò che corriamo
amico mio
e se proviamo a girarci indietro
chissà da dove veniamo.

Siamo stati bene
in fondo io e te
all’unisono, in sintonia.

Dolore quando c’era
e amore, gioia, follia,
abbiamo bevuto vento
e bonaccia
a picco sul mare dei sogni
unite le nostre urla di sale
salivano avvitate al cielo.

E corriamo ancora
ventricoli allineati
al ritmico stormire
di queste foglie d’autunno:

ci piace ancora darci la mano
e sfiorare con le dita le nuvole
le gambe intontite
pesano sempre più:
non ci pensiamo, forza!

Se ci dovessimo fermare
vorrei che fosse di corsa:
sempre mano nella mano
mentre un fulgore di stelle
ci spacca le vene
e lentamente ci adagiamo
sulle servizievoli onde
di un mare adamantino.

Ma noi,
mio pulsante amico,
avremmo fatto il nostro:
rincorso, pregato, perdonato
stretto patti inverecondi
e poi penitenti, a capo chino,
scossi da febbri e sudori
a ripercorrere l’eterno
cerchio della vita.

Alla fine abbiamo amato
straziatamente
fino alle porte degli inferi
e, scavalcate,
abbiamo bussato a quelle
del paradiso.

Siamo paghi
vecchio amico mio
continuiamo la nostra corsa
fino all’ultimo sorso di fiato.

Fai rumore (*)


Sommerso 
da un silenzio vorace
una voragine spettrale
in cui la ragione
rimbalza tra pareti aguzze

graffiata abrasa
la mia anima si sfibra
sfilaccia atomi di resa

mi trascino sul piano
della sconfitta ombrosa
avvolgendomi di polvere
e lacrime
provvidi unguenti

ma ti prego fai rumore

che venga dal profondo
dal covo della memoria
dal periplo dell’eterno

fammi percepire
una presenza nell’assenza
un picco sul monitor
di brutale splendore

fai un flebile rumore

che possa ridondare
tra valli raggrinzite
paesaggio lunare
dove cieco mi aggiro.

(*) Ispirata dalla canzone vincente - Sanremo 2020

Grazie Roberto (*)

Non avremmo creduto 
di avere la forza
di separare le montagne

non avremmo creduto
di respirare orizzonti
avvolti d’immenso

non avremmo immaginato
di sprigionare urli di sole
fuochi di vento
armonie infinite

avevamo rimosso
di possedere amore.

(*) Per Benigni declamatore del Cantico dei Cantici - Sanremo 2020

7.2.20

Lucciole


Ho raccontato una fiaba
alle lucciole impazzite
una storia di senso incompiuto
una poesia inventata
dagli angeli della fantasia
un canovaccio di simboli
disegnati sul nulla
che avevano vita propria.

Quando la luce ha deriso
il sonno del poeta
ha lasciato devastato
il paesaggio del tormento.

Ma tant’è.

Un sogno resta sogno
anche se ti frusta l’anima.
I vuoti da colmare
sono qui
innanzi agli occhi del coraggio.

Pensieri circolari


Assorto
in meandri antelucani
le mani afferrano
scampoli di senso

chinato sul grembo
clemente del fato
sogni liquidi galleggiano
propagano incuranti
delle tempeste dei cuori

anarchiche rotondità
si flettono amorevoli
sul limitare del dubbio.