Cosa resta di me
se non un verso imbellettato
raffazzonato
sul ciglio del meriggio,
un fregio monastico
inchiodato
sul portone del tramonto.
Cosa resta di me
se non un fuso alambicco
miscelato,
un crogiolo di alfabeti
capovolto
sul rovescio di luna.
Raccolgo mesto
i farfuglianti vortici
di uno sferzante pensare,
aggrappato mio malgrado
a vetuste falsità
e nuove irruzioni di Nulla.
Borchie dorate
ornano grigie transizioni
dove sfoglio le pagine
di un presente acciaccato.
La mia anima è fuori,
è oltre, è più in là:
cerco di inseguirla
rianimando la giostra
dove gioca la poesia.
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