E venne il tempo delle ombre lunghe
dell’incespico irato e disperso sulle pozzanghere della misoginia
che lasciano il cuore sporco
con il capo rivolto all’indietro
assatanato di vuoti a perdere.
Scivolare così nell’entropia
centellinando bytes d’assurdo,
mulinando versi schiaffeggiati,
abbeverandosi a gocce d’esilio
perverso ammutinamento d’ali.
L’eco battente del mio passo umido
è un’irridente cadenza frustrata
e la luce di un lampione bugiardo
proietta beffarde silhouettes
maschere di annoiate sirene.
Questo dedalo di viuzze morte
è groviglio dove arrabatto il tempo:
un autunno di foglie macerate
che hanno perso linfa e ardore
quando il buio ha celato l’orizzonte.
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