Noi.
Che ci dicono sempre “pensa a te” “sei tu la prima persona da amare” “pensa a fare le cose che ti fanno stare bene”.
Questi psicologi che pretendono di sapere tutto, di aver già classificato tutto il genere umano, di avere la formula buona per tutti i casi.
E questa schiera di persone che si nutrono di internet per tutte le patologie, compresa la depressione.
Che ne sanno che un cuore malato è più grande delle sue pareti fisiche.
Che ne sanno che i ventricoli pulsano nel firmamento
che nelle arterie scorrono e tracimano fiumi di fragilità che non trovano più argini.
Che ne sanno di noi.
Che d’improvviso dovremmo diventare egoisti, opportunisti, godere dei nostri miseri successi materiali, quando la nostra natura ci urla di smetterla, di restare gentili, di donarci, di toccare altri cuori o di tenerci stretti i nostri dolori perché un tempo ci hanno dato quello che ci bastava:
“solamente amore ed unità per noi.” - cit.
Che ne sanno di queste contraddizioni che si frangono nella nostra anima, questi dubbi che confliggono, questo coraggio alimentato di benzina impura.
Che ne sanno di noi? Che rincorriamo sempre le gazzelle con in groppa i nostri sogni, che siamo navigatori solitari dell’ultimo orizzonte romantico del mondo, che siamo astronauti dell’altra dimensione, Star Trek di ogni notte stellata.
Che ne sanno di noi?
Lasciateci ululare alla luna, tirare le pietre e farle rimbalzare sulle onde, lasciateci giocare a rimpiattino con la morte, che se ci troverà sarà con il sorriso sulle labbra.
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