Domenica.
Sono otto lettere e quattro sillabe
che bussano all’uscio
in quelle giornate senza sole
(tanto il sole ce l’hanno dentro)
dove il palcoscenico è degli odori,
dei sapori, di quell’aroma di sorrisi
che dimora sulle rughe,
si accoccola sulle gote,
si cerca negli sguardi
e nei bicchieri di vino.
Domenica e ti senti diverso
hai la faccia di uno
che non ha bisogno di nulla
perché senza chiedere
ti apre la porta il benvenuto.
Domenica e ti senti uguale
a quell’amico che hai lasciato
in fondo ad un arrivederci
arrotolato al suo cappotto
di ricordi e di bambini persi.
Domenica e ti senti strano
perché la vita in fondo
ti vuol bene e ti stima
anche se sembra assente
ma è solo impertinente
vuole essere inseguita
come un gioco innocente.
Domenica è sempre lei
come dicono in TV,
ma tu hai un unico Replay
in cui scorrono i tuoi errori,
ma tu sei felice
perché puoi contarli e vivere.
Se non ci fosse la domenica
dovrebbero inventare un posto
dove l’amico col cappotto,
i sorrisi di una volta,
le tue stupidate
si mischino agli odori,
ai sapori, agli sguardi,
alle rughe e ai bicchieri di vino,
per non lasciarsi mai più.
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