Mi stanco - Anchise -
di portarti sulle spalle
oberato di ricordi,
mezzelune che fendono
le mie false verità.
Allora ti getto da un lato
come un tappeto srotolato
e mi spazzolo la noia.
Mi spazzolo e mi spazzolo
ancora più in profondo
là dove s’aggrappano
tentacoli disperati d’inedia.
Ma niente:
è polvere radioattiva,
pulviscolo grondante sale,
ruggine di gigabyte.
Sono io, il tappeto.
E ti guardo e mi piango.
Mi salto sulla schiena
e riprendo a trascinarmi:
le ferite sono cunicoli
dove trovo casa
barricandomi di buio.
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