28.5.25

La tortorella smarrita



Mentre la curva della sera
si stropiccia di rosa
avverto l’esitare dell’ora
e i pensieri trattenere il respiro.

Sei sempre tu sullo sfondo
a dettare strofe di malinconia
fra le cime garbate dei pini
rifugio di una tortorella distratta.

È il momento cruciale
in cui frugarmi dentro
e ritrovare le stesse stanze
in cui si siede il cuore.

Vorrei sfrattarmi dai vuoti
dai riti, dalla poesia,
e chiedere asilo ad altri mondi
dove passeggiare senza memoria,
godere di un tramonto
che insegni, infine, alla tortorella
la strada di casa.

23.5.25

Anatomia



Avevo rinominato
le parti del tuo corpo
in cui mi perdevo:
nastrina
piccolo principe
pianeti fatati

e noi
non ci chiamavamo più per nome
ci eravamo battezzati
“Amore”.

21.5.25

“Il materiale emotivo”



Poesia ispirata dal film 


I miei giorni
erano un flusso diseguale,
ma senza ruvidi spigoli,
nè tracimati argini,
piatti, profumati di carta.

Li sfogliavo disattento
sotto una mansarda di stelle,
luminose solo al tatto
che si spegnevano nei volti.

Quando bussasti alla vetrina
non conoscevo ancora gli uragani,
i libri si nascosero dietro le copertine
non credendo alle proprie fantasie.

Mi stappasti come uno champagne
sbattesti il tappeto della vita,
le mie ordinate ossessioni
“ma butta via tutto!”

E facemmo cose,
rubammo mele,
suonammo citofoni,
ci urtammo sull’autoscontro,
e ballammo, ballammo tanto,
fino al giaciglio del sole.

Non mi ero accorto
che avessi la forza di tenere
la clessidra orizzontale
e noi fermi in mezzo
a dondolarci nei sogni
al ritmo di un violinista pazzo.

“È materiale emotivo”, dicesti
“È un ossimoro”, risposi.
Ma ci avrei giocato per sempre.




20.5.25

Nuvole



Mi adesca 
la plasticità delle nuvole
talora pompose o plebee,
affabulanti viaggiatrici.

Le osservo discreto
sovrapporsi e ricomporsi
nei loro scontri silenziosi,
ciondolanti scrittrici
di favole sempre nuove.

Dipingono su tavolozze
di cieli dolci o imbronciati
e non s’adombrano per l’oblio
di chi le archivia con noncuranza.

Di rado nello scorrere
s’avvedono compiaciute
di esteti del dubbio
operai di sogni
che condividono con loro
gli abbracci dell’infinito.

A volte chiedo loro un passaggio
confidando nella perizia
di angelici tassisti
che mi scarrozzino lontano
laddove si smarriscano
le solitudini e le contese
in turbinii di pace.

19.5.25

Le parole nel caffè



Castigarmi di parole
è sermone divino
quando ci sei tu
specchiata nel caffè
mentre cerco
di appallottolare i sensi
e tu, ridendo,
mi scarti, mi stiri
e mi guidi l’amore sui fogli.

11.5.25

Gaza



Gaza è un macigno
di ossa stritolate
mangime di corvi,
diroccato museo
di ombre e palloncini.

Gaza ha un dito puntato
verso un occidente putrefatto
immeritata culla
di corrotta civiltà.

Gaza ci rincorrerà
nella notte dei tempi
con la falce del perdono,
brucando con nobiltà
l’erba dell’inanità.

Gaza intingerà
il suo pennello di pane
su tavolozze di Storia
incrostando vergogna
sui vetri delle scuole.

Gaza è urlo della terra
tumefatta da inutili parole
sopraffatta dai silenzi
scavo di tombe nane
coperte da cuori di muffa.

Gaza è un unico
grande, perverso macigno
che rotolerà sulle spalle
della nostra incolore progenie.

8.5.25

Che te ne fai?



Dimmi, cosa te ne fai
dei miei pensieri magri
baci di polvere e sogni
che tamponano le tue ciglia.

Che te ne fai di me
e della mia cieca velleità
ad accanirsi d’amore
su marmoree curve d’anima?