27.7.25

Scritture brevi: “Andava e basta.”



Aveva appallottolato tutti i pensieri in un fazzoletto e se li era cacciati in tasca.
”Vi riprenderò dopo”.
Anche il flusso involontario di adrenalina che tendeva ad accelerare le pulsazioni era sotto il suo controllo.
Si avvicinava al bar respirando con lentezza. Gli sfuggì dalla tasca una curiosità su cosa lei avrebbe indossato. Il suo look in un giorno di festa.
Riprese al volo il pensiero e lo ricacciò in quarantena.
Andava e basta.

Il sole tiepido lo inseguiva trotterellando piacevolmente in quella strana mattina di dicembre. La stagione aveva posato i suoi soliti arnesi da lavoro e si era presa un giorno sabbatico. L’Immacolata quell’anno ebbe l’occasione di bussare con gentilezza alle finestre per introdurre i primi scampoli natalizi.
Era direttore di un ufficio postale in pieno centro e l’aveva conosciuta in uno di quei giorni in cui sembrava che tutta la città stesse provando l’irrefrenabile pulsione di spedire qualcosa. I loro sguardi s’incrociarono mentre lei annaspava in una ressa micidiale ad uno sportello, e a lui parve di scorgere una timida richiesta d’aiuto. L’invitò nel suo ufficio e risolse tutto velocemente. Da quel giorno in poi il servizio postale non fu più un problema per lei.
Si sedimentò qualcosa che assomigliava ad una innocua simpatia. Scambi di battute, piccole innocenti confidenze, affinità di letture e nient’altro. Erano entrambi impegnati e quindi lui rimase molto sorpreso quando una mattina, con noncuranza, sentì la sua voce proporre: “Perché non ci prendiamo un caffè?”
Beh, era solo un caffè. Quanti prenderebbero un caffè pensando che non sia solo un caffè? E quanti prenderebbero un caffè pensando che sia tutto fuorché un caffè?
Si dettero appuntamento in un giorno libero. Ed eccolo il giorno libero e lui non aveva nessuna voglia di pensare.
Andava e basta.

Senza rendersene conto, aveva alzato il passo fino a varcare con inusitata veemenza la soglia del bar. Quasi pentito della sua irruenza si guardò intorno con circospezione e inciampò su degli occhi nocciola che con una facilità disarmante gli svuotarono le tasche di tutti i pensieri.
“Che ci faccio qui?…Ma è solo un caffè…Accidenti quant’è bella!…Dico che ho un impegno…Ma sei scemo?…”.
Questo disordine cinguettava intorno alla sua testa svolazzando libero, finalmente.
“Ti senti bene?”
La sua voce lo riportò nel mondo reale.
Riagguantò a fatica tutti i prigionieri evasi.
“Ehm…si.” 
Quegli occhi nocciola lo scrutavano divertiti mentre ciocche di capelli biondi ondeggiavano su un foulard di seta rosa. Un soprabito fucsia, aperto sul davanti, rivelava un maglioncino sottile, intonato. Insomma lei era uno spettacolo delizioso e certamente non aveva nessuna raccomandata da spedire.
Sedette al tavolino e dopo pochi minuti di conversazione capì che avrebbero consumato un caffè che sarebbe stato tutto fuorché un caffè.
Infatti lui non ricorda più nulla di quel caffè. Quello che ricorderà per sempre sarà il saluto che si scambiarono in un vicolo a fianco del bar. Un bacio sulla guancia durato così tanto che forse è ancora lì, sospeso in aria, in quel vicolo.
S’incamminò con tutti i pensieri che gli facevano scia, ridendo e cantando. Lui rideva e cantava con loro, felice di averli liberati.
Non aveva più paura.
Andava e basta.

19.7.25

Non temere



Non temere
questo silenzio innaturale.
Non ho il crampo del poeta,
nè palliative distrazioni,
non fingo indifferenza,
non vegeto
in catatonica abulia.

Ho un ripostiglio da sistemare
vasetti di chissà,
barattoli di schianti,
contenitori di tramonti,
cartoni di versi scappati via.

Metterò tutto in fila
in processione funambolica
in cima il prete conciliante
incapace di perdonare.

Metterò tutto in tondo
in circolo sistemico
in fondo il tuo bagliore
incapace di dimenticare.

4.7.25

Loro non si guardavano negli occhi



Quella sera non si poteva dire
che si stessero guardando negli occhi.
No era diverso.
Era molto di più.
Quelli che uscivano dai loro occhi
erano vagoncini di un trenino a vapore
che sferragliavano su binari di arcobaleno.
Ognuno caricava un cuoricino
che ballonzolava e si gonfiava
ad ogni sbattere di ciglia.
Loro non si guardavano così, semplicemente, negli occhi.
Loro erano in viaggio
senza fermate
senza coincidenze
con biglietti di sola andata
verso una stazione senza orologio.