10 giugno 2013

Elettorato colto? No ma consapevole.

La tesi circolata sui social e su alcuni media cittadini, secondo la quale ci sia un elettorato di sinistra prevalentemente “colto”, mentre invece tutti gli altri stanno a destra, a prescindere dalla veridicità o meno della fonte da cui è scaturita ed al di là della pochezza scientifica in sé, pone peraltro qualche riflessione a riguardo. La struttura della società in cui viviamo è da sempre di tipo piramidale. Ciò che è mutata e si è affinata nel tempo è l’organizzazione delle classi dominanti: il metodo del dominio. Con la fine dei totalitarismi e l’avvento e la stabilizzazione delle forme di democrazia istituzionale, le classi dominanti hanno avuto bisogno di organizzarsi prima in modo sfacciatamente oligarchico e poi in forma di elites. Le elites sono associazioni, consapevoli e non, di soggetti legati da interessi economici comuni e da mutue reciprocità. In una struttura di tipo piramidale le elites si addensano ai vertici di essa, con una corsa ad ottenere i posti migliori, ma, una volta individuato il proprio ideale livello di influenza, esse restano come dormienti, incastonate in un sistema protetto e autoreferenziale. Quello che scorgo di diverso e più raffinato rispetto alle già visionarie teorie di Mosca e Pareto, è la rete di complicità e solidità che accomuna e avviluppa le attuali elites, esclusivamente incentrate su interessi di tipo economico/finanziario. In sostanza il dominio è motivato da ragioni esclusivamente di profitto. Basti pensare al plurinominato, in questo periodo, “conflitto di interessi”. Il conflitto di interessi non è altro che un corridoio preferenziale che raccorda due o più elites e che viene percorso nei due sensi di marcia per sovraintendere alle necessità del gruppo. A nulla valgono forme di governo, istituzioni di rappresentanza, leggi elettorali, se non quali semplici strumenti da piegare e mortificare a seconda delle contingenze in atto. Se guardiamo questa situazione da un osservatorio europeo e mondiale ci rendiamo conto del fine ultimo di tutto questo dibattito. Con la crescente domanda di riappropriarsi di una vera democrazia dal basso, come sta accadendo non solo in Italia, ecco spuntare a contrasto le varie proposte di forme di esautorazione, come il semipresidenzialismo. Su questo ragionamento va ad innestarsi la vexata quaestio sull’efficacia della forma partito nella geografia politica. Seguendo il filo del nostro discorso, è da tempo ormai che anche i partiti sono diventati organizzazioni elitarie. Il che non vuol dire necessariamente negative. Essi accumulano negatività quanto più si allontanano dal rapporto con i propri elettori. La comparsa sul palcoscenico mondiale dei movimenti è il solo vero segnale di contrasto all’oligarchia delle elites. E’ necessario che queste due forme principali di partecipazione prendano reciprocamente l’una il meglio delle prerogative dell’altra, perché diventino entrambe efficaci e virtuose nel contrastare l’involuzione in atto. La “liquidità” dei movimenti deve contagiare l’aristocrazia chiusa ed obsoleta dei partiti e la territorialità dei partiti deve supportare la forte tensione morale e rivoluzionaria dei movimenti. Anche a Monopoli esiste una struttura della società organizzata in modo elitario: si pensi ai costruttori, agli avvocati, ai tecnici, ai commercianti. Anche a Monopoli si affacciano i movimenti, affiancando i partiti. In questo senso va letta l’argomentazione di un elettorato che si divide, ma la contrapposizione è tra coloro che proteggono e rafforzano questa vecchia organizzazione elitaria e coloro che vorrebbero compiere un’azione pedagogica, non demolendo le elites, ma proponendo loro un progetto di società aperta, giovane (non in senso anagrafico), basata sulla cultura, sull’ambiente, sulla solidarietà. L’ideale sarebbe gonfiare di democrazia la piramide facendola tendere alla perfezione sferica: un centro di governo dove le elites non abbiano struttura gerarchica, ma ruotino in sincronia, creando quella forza centripeta che permetta di raccogliere e trascinare gli ultimi, i deboli, non permettendo di espellerli dalla circonferenza della vita.

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