5 luglio 2013

L’odonomastica: uno strumento prezioso.







Ripropongo oggi un pezzo di Remigio Ferretti che ci accompagna per le vie della città. Ci sarebbe molto da aggiungere a integrazione e sviluppo delle argomentazioni, comunque molto attuali, riportate; mi limito a evidenziare l’inutilità di avere ancora vie denominate “vecchia” (S.Antonio, S.Francesco da Paola, Ospedale??) e poi desidero condividere un sogno di una notte di mezza estate: quello che possa essere realizzata una “cittadella della cultura” che veda come perno il plesso della Galilei, comprendendo il cinema Vittoria evoluto a contenitore multimediale (domanda: ma il Comune ha mai provato a fare un’offerta ai fratelli Caforio? Non è che forse si spenda di meno che con la - comunque auspicabile - ma finanziariamente impegnativa ristrutturazione del Radar? La butto lì…) e la Casina Del Serpente trasformata in museo. Il tutto  circondato ed abbracciato da un tracciato di vie (tratti di ex Lepanto, Cadorna, Cialdini, Europa Libera, Cappuccini e Vico) intitolate ai personaggi che hanno nobilitato l’istruzione e la cultura della città nel secolo passato: Gregorio Munno, Luigi Reho, Luigi Russo, Giacomo Campanelli, Angelo Menga e Remigio Ferretti, buon ultimo tra cotanto senno.


E LA MONTAGNA PARTORÌ… LA TOPONOMASTICA  ("L'Informatore del 28/6/1986)

Chiediamo venia ai nostri concittadini se, ai pochi di essi che per caso siano sprovveduti o disinformati, osiamo spiegare il significato della parola “toponomastica”: essa non ha nulla a che vedere con i noti animali roditori, i topi, di cui uno, piccolissimo, fu partorito, con sproporzionato fragore, da un'immensa montagna, né il verbo “masticare”, voce nobile se riferita, in senso proprio, al lavorio fisiologico delle mascelle che, triturando il cibo, compiono la prima fase della digestione.
Il significato della parola, di derivazione greca, sta a indicare quel ramo della linguistica che tratta lo studio dei nomi locali (toponimi) di una città, al fine di ricordarne e tramandarne i fatti salienti e i personaggi illustri. Infatti, in greco, “topos” sta per “luogo” e “onoma” per “nome”. In quanto alla desinenza “astica”, essa non è rara in italiano: basti pensare a “scolastica”, a “ginnastica”, ecc.
Si può aggiungere che altrettanto importante sia la “onomastica stradale” di qualsiasi centro urbano, cioè la “nomenclatura” delle sue strade, che serve non soltanto ad ovvi fini pratici, come peraltro prescrivono leggi “ad hoc”, ma anche a rappresentare la “memoria” della comunità civile, piccola o grande che sia, onorando i nomi di uomini o eventi di notevole rilevanza nazionale, ma anche di personaggi e di luoghi strettamente legati alla sua storia locale.
A tal riguardo ci sovviene di una osservazione del grande storico Gregorovius (1), riportata nel suo libro di viaggio “Nelle Puglie”. Egli, percorrendo le strade della nostra Regione e visitandone le città, notò che vie e piazze recavano i soliti nomi dei padri e protagonisti del Risorgimento, mentre quasi assenti erano quelli degli artefici della “storia patria”. Il famoso “promeneur” (2) di Germania riteneva giustamente che la storia di una nazione si edifica dalla periferia (3).
La “onomastica stradale” di Monopoli non offre un quadro molto consolante. Prescindendo dal pessimo stato di manutenzione delle targhe indicatrici, dalla loro scarsezza e difformità, emerge una ben piú importante considerazione: le scelte infelici, le omissioni, i guasti operati dai nostri progenitori tra l'Ottocento e il Novecento, peraltro in un'ottica un pò “oleografica” e non certo critica del processo unitario appena concluso, trovano la loro immagine speculare in quanto è stato fatto di recente per la spinta dell'ampliarsi della città e del moltiplicarsi delle anonime “traverse”. Si è operato all'insegna di un incolore meccanismo, il velleitarismo culturale, di frettolosa superficialità, nell'assenza di una visione organica del rifacimento e completamento della nomenclatura viaria, augurabilmente omogenea per quartieri. Ci si è limitati ad intitolare le nuove arterie, tirando fuori dal cilindro del “prestigiatore”, alla rinfusa, nomi noti o ignoti (una vera…perla è via Ligabue), troppo lunghi o di difficile pronunzia, in buona misura estranei alla realtà coscienziale e storica del nostro popolo. Il caso limite è rappresentato dalle strade dedicate agli architetti Luigi Piccinato (4) e Vera Consoli (5) che, lungi dal costituire riconoscimento per i…meriti acquisiti tra noi, sono piuttosto il frutto abortivo di una visione della vita impastata di servilismo, compromesso e provincialismo.
Tra questa…erbaccia, per dir così, "indigena", si levano le piante antiche e odiose delle carenze dello Stato e dei suoi organi periferici che, nell'occasione, hanno finto di ignorare, forse perché “fascista”, il D.M. 10.5.23, n. 1158, nonché la legge 23.6.27, n. 1188, che, tra l'altro, prescrivono il divieto assoluto di dedicare strade a qualsiasi cittadino, prima che siano passati dieci anni dalla sua scomparsa, a meno che non si tratti di “Caduti per la Causa nazionale”.
Non si è posto mente acché alcuni “antroponimi” (6) di sapore squisitamente locale e certamente cari al cuore dei nostri concittadini, diventassero “toponimi”. Perché, ad esempio, chiamare via Accademia dei Venturieri una strada a ridosso del Calvario e non il tratto di via S. Domenico dove effettivamente sorgeva il Palazzo Petraroli (ex Rossani) sede di quella Accademia? Perché “esiliare” il compianto Preside Gregorio Munno, valoroso umanista, in una traversa del viale della Rimembranza e non dedicargli una strada nei pressi del vecchio o del nuovo Liceo Classico, da lui fondato, o un tratto di via Palestro, ove è sita la casa che egli abitò, e tanto studiò e scrisse? E perchè non dedicare all'eroico carabiniere Farulla proprio la traversa dove egli, nell'adempimento del suo dovere, immolò la sua giovane vita? E perché a Palmiro Togliatti viene intitolata (con pieno merito) una strada ampia e lunga, una delle piú belle della città e a Giovanni XXIII, uno dei piú grandi Pontefici della Cristianità, un budello seminascosto, al di là di via Trieste? Misteri e scompensi di quella piaga che si chiama “lottizzazione”, non estranea neppure al settore della “onomastica stradale”.

(1) Ferdinand Gregorovius (Neidenburg Prussia Orientale (oggi Nidzica Polonia), 19 gennaio 1821 - Monaco, 1 maggio 1891) fu uno scrittore e storico tedesco, specializzato nella storia medievale di Roma. È anche molto noto per i suoi “Wanderjahre in Italien”, (Pellegrinaggi in Italia) i resoconti dei suoi viaggi in Italia tra il 1856 e il 1877, in cinque volumi in cui descrive località, personaggi e curiosità del nostro paese.
(2) Viandante.
(3) Scrive Gregorovius: “Dopo l’ultima rivoluzione è sciaguratamente diventato in Italia una vera mania il barattare ad ogni costo i vecchi nomi delle strade nelle città, con quelli de’ personaggi principali o de’ più notevoli avvenimenti della storia più a noi prossima. Il patriottismo, certo, è una bella e santa cosa; ma Anch’Esso ha i suoi limiti ragionevoli. I nomi antichi delle strade sono come tanti titoli de’ capitoli della storia delle città, e vanno perciò rispettati e mantenuti quali monumenti storici del passato. Ora intanto le città d’Italia dalle Alpi al Lilibeo si sono provviste tutte de’ medesimi nomi moderni di strade, i quali non stanno in alcuna relazione col luogo, non hanno con questo proprio nulla a che vedere. Fossi io il re d’Italia, ovvero Garibaldi o il Principe ereditario, vorrei pregare che si smetta dall’abusare siffattamente del nome mio. Questa uniformità di nomenclatura comincia a diventare ristucchevole e disgustosa. In quale che siasi la città italiana ove si vada, bisogna aspettarsi di trovarvi un Corso Vittorio Emanuele, o Garibaldi, o Umberto, e su’ canti delle strade le leggende eternamente e monotonamente ripetute delle battaglie di Magenta, Solforino, Castelfidardo, Montebello, Marsala, ovvero, ciò che ispira maggior nausea ancora, d’imbattersi in concetti astratti e totalmente vuoti, quali Piazza del Plebiscito, dell’Indipendenza, dell’Unità.”.
(4) Luigi Piccinato (Legnago 1899-Roma 1983) architetto ed urbanista, interprete del cd. “razionalismo architettonico”, corrente di pensiero sviluppatasi in Europa agli inizi del Novecento, sulla scorta dello sviluppo della rivoluzione industriale, propugnò il ritorno a forme e volumi semplici nelle costruzioni, a colori base e a materiali economici. Sulla falsariga delle teorie, molto in voga negli States, dell’architetto Frank Lloyd Wright (urbanistica “organica”) sulla crisi della metropoli, incaricato della realizzazione dell’abitato di Sabaudia, ne tratteggiò il disegno che divenne il manifesto del razionalismo in Italia. Nel 1975 venne incaricato della stesura della “Variante generale al PRG” di Monopoli”. Nel 1984 il Comune di Monopoli retto all’epoca ancora da Walter Laganà, a meno di un anno dalla scomparsa del Piccinato, contravvenendo alla normativa contenuta nella L. 23 giugno 1927, n. 1188, art.2 (limite dei dieci anni dalla morte per la denominazione di strade o piazze pubbliche), gli intitolò una via (divenuta poi simbolo di un quartiere-dormitorio ancora in lenta fase di “civilizzazione”), quasi che svolgere un incarico per il quale si è stati legittimamente e profumatamente retribuiti (25 milioni di vecchie lire dell’epoca), costituisca requisito di benemerenza assoluta al pari delle gesta dei grandi concittadini che hanno fatto la storia della città.
(5) Architetto, collaboratrice di Luigi Piccinato.
(6) Notazione specifica adottata da una comunità o da un organismo amministrativo allo scopo di identificare e distinguere una persona che si distingue dai toponimi che servono per identificare un luogo.

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