7.2.23

Turchia



Si siede il silenzio.
Prende possesso.
Regna.
Occupa lo spazio
dove concitava la vita
dove abitavano altalene.

La terra si riprende
usurpate velleità,
cristalli di cielo sfarinato.

Imperterriti
con lame di cemento
e stolida vaniloquenza
infieriamo sul corpo
di una madre spossata.

6.2.23

Opere necessarie



Prometto
di limare i miei chiodi,
arrotondare i complessi,
levigare le fisse,
oliare le ruggini,
e - soprattutto -
scartavetrare il passato.

Scusa amore
la mia faccia sporca,
ma ora sono pronto
ad abitarti dentro.

Spifferi



La subdola capacità del vento
d’insinuarsi nelle fessure,
crepitando e gemendo,
come lupi gaudenti
alla luna cadente.

Interstizi dell’anima
corridoi come serpenti,
renitenti grumi
s’aggrappano agli angoli.

Trattengo per me
uno spazio angusto
dove tu, seduta
su di una sponda di neve,
hai un fiocco di sorrisi
sparsi in un tempo vuoto.

28.1.23

Rondine sbandata



Chi sei tu?
Non mi fido.
Hai occhi di noce
come quelli che m’ingannarono.
Leggi le mie poesie,
ma non gli spazi,
non le pause e le cancellature.

Lo sai?
Io sono nascosto lì
sdraiato tra parentesi,
curvo sotto il tondo
degli interrogativi.
E gli esclamativi - ahia! -
quelli sono perduti,
come gli amori e le rivoluzioni.

Non mi fido.
Sai tenere un aquilone?
Sai fare una barchetta
e spingerla nel mare del tempo?

Io lo so fare
e allora seguimi,
lancia la mia paura
al di là del perimetro
che circonda il falso,
volami dentro
rondine sbandata
medicherò la tua anima
con garze di sogno.

I passi del silenzio



Il silenzio
ha un suo scandire:
la resa esanime
del tuo vestito
appallottolato;
il tuo richiamo laccato
imbevuto di rosso;
la capricciosa fragranza
delle tue anche chiare;
e infine il prodigio
che ci sfianca
e c’invola.

27.1.23

L’assedio alla memoria



Oggi indossiamo
stivali di consapevolezza
protetti da schizzi
di fango mascherato.

Marciamo con i vessilli
di anime gigantesche
mentre sui troni
imperversano pagliacci
travestiti da statisti.

Perennemente concentrati
in campi di sterminio
di verità e giustizia
in una mano una bandiera
nell’altra una tagliola.

E le guerre scorrono lente
con i sempiterni sconfitti
carne da macello
dei padroni del mondo.

22.1.23

Quello che ci raccontammo



Nelle ampolle dei miei ricordi 
chiaroscuri s’intrecciano
discorsi rannicchiati nel buio
chiusi a chiave
buttati sotto il letto.

Quello che ci raccontammo
era una luna piena
incollata a muri stonacati
fra sedili e sudori
e vetri infranti di follia.

Noi eravamo ciò
che non volevano fossimo:
ribelli, curiosi,
con le nuvole stese fra le teste
guardando i nostri corpi
camminare senza meta.

I tuoi pennelli di libertà
le mie poesie di rabbia
i tuoi discorsi sulle pietre
madri stremate sorridenti
tu ustionata di rimproveri
l’ultima è sempre la peggiore.

Quello che ci raccontammo
io, un pò Gulliver un pò Sandokan
fra trenini e pirati
volevo fare il manovale
e conquistare Marianna
la mia Perla fra i sassi.

Tu, pecora nera
parlavi alle allodole
a cavalcioni di un parete
un pò maschio un pò falena
fuori posto in tutti i posti.

Quello che ci raccontammo
ci semplificò in frazioni
minimi comuni denominatori
numeri primi in sequenza
assolati, contigui, incastrati.

Noi lacrime morte negli occhi
amammo i nostri peccati
ci penetrammo le anime
senza ritegno con dovizia
monadi in fusione criptica.

Quello che ci raccontammo
scavava ruggine dai petti
concimava deserti
raggelava prigioni
ci lasciava nudi
con le spade fra le vertebre.

Quello che ci raccontammo
sarà terra o cenere
sarà materia oscura
non verrà mai più raccontato
crogiolerà per sempre
nelle nostre gole ardenti.

21.1.23

Feste virtuali



Se non si sta attenti
si potrebbe inciampare
in abbracci,
profughi fuoriusciti
da assembramenti virtuali,
circonferenze di vuoto.

Cosa festeggiamo oggi?
Illusioni da tastiera
candeggina dell’anima
sazietà
in vibrazioni di ciglia.

Un tempo scendevamo
su stradine acciottolate
attraversando il paesello
braccia conserte sui sorrisi
in serbo doni di pezza
molliche di gentilezza.

Erano abbracci di sole
posati su spalle esauste
che ci avevano costruito
parapetti di bontà
dove appoggiare la vita.

Sognarsi



Sognarsi
gomitoli intrecciati
puri e sconci
evasi dalla notte
argilla grezza
amalgamati
debordanti.

E poi svegliarsi
con le unghie
impolverate di stelle.

16.1.23

Fuori posto



Oggi ti ho lavata
stesa
asciugata
stirata
piegata
e ti ho rinchiusa nel cassetto.

Ma poi sono venuto a riprenderti.
Non era il tuo posto.
Ora sei seduta con me.
Mi indichi un punto sul petto.
Si, è lì che vuoi stare.
Sei la mia solitudine.

Il caffè amaro



Ogni mattina
nel gorgoglio del caffè
s’agitano increspature
che rigano la stanza.

Sei tu che vibri
sulla sponda dello Stige
e mi strappi inclemente
dal provvido aggrappo
a cui s’affida il giorno.

Un poeta che corre



La corsa
inanella percorsi
a guida entropica
suggella traguardi
a enfasi aulica

il poeta dentro di me
si fa strumento
eco didascalica
i miei passi densi
bosco di sensi
amori sparsi.

Fatti sognare



Fatti sognare forte
talmente forte
da rimboccarti di baci
e tenerti negli occhi
finché la notte
ormai nuda
farà l’amore con l’alba.

Rifornimento



Chiedo il permesso
di fissarti in silenzio
rifornirmi di te
tracimarmi dentro
per la tua assenza
la mia riserva d’amore.

10.1.23

Solstizio



Il sole sta scalando
gradini di luce
sulla scala tribale
di stagioni fuorviate.

Lascio che corra:
nel mio arco di cielo
lo zenith del tuo viso
scompiglia il moto degli astri.

7.1.23

Poesia a matita



Ti scriverò
una poesia a matita
un pò pazzerella, un pò spuntata
con parole sbucciate,
saltando le righe,
andandomi a scontrare
con le barre dei margini,
capovolto e in diagonale,
al rovescio e di sghimbescio.

Forse non capirai nulla
ma sull’ultima riga
(ricordi quella macchiolina
di cacao sfuggito
alle tue labbra?)
ci sarà in maiuscolo:

AFFILAMI IL CUORE

3.1.23

Genesi poetica



La poesia per me
è quella fastidiosa gravità
che tira giù una lacrima
aggrappata allo zigomo

il brivido che gratta
i basolati sconnessi
di vicoli poco battuti
sulla schiena dell’anima

il ticchettio dell’orologio
sulla mensola impolverata
dove s’àncorano i ricordi
in chiassose adunate

la foto in bianco e nero
spiegazzata sulla ferita
ancora aperta
ancora maledettamente aperta

questo cuore ergastolano
nelle conturbanti galere
dove strombazziamo
vite smerigliate
e turbamenti rococò.

31.12.22

Andare a capo



Vorrei mi portassi 
in quel punto preciso
dove mi sono accorto di vivere.

Prima ero in un capitolo
di un libro di favole.

Mi piacerebbe
andare a capo con te.

La faccia nascosta



La luna 
come una donna speciale
mostra solo una parte.

L’arte seduttiva
del vedo/non vedo
ci condanna
ad una bellezza parziale
e il nostro sguardo
vorrebbe gingillarla
svelarla, percorrerla.

Ma lei non è per tutti.
Quando deciderà di girarsi
sarà per chi
ha letto le sue profondità
e può resisterne il contatto.

La panchina e la luna



Mi manca
quella panchina di versi
dove eravamo seduti
io te e la luna.

Una sera
te la sei messa sottobraccio
“Non è per te” - hai detto.

I miei passi nella notte
e la tua voce
con la luna a bocca aperta.

30.12.22

Il Re del pallone


Negli anni 60 quando il calcio era Ameri, Ciotti, Enzo Tortora e nulla più, per noi ragazzini figli di Carosello, sentire parlare di Pelè era come sfogliare i nostri giornalini preferiti. Nembo Kid o Diabolik, Lanterna Verde o Flash, il funambolo carioca era assimilato ad un supereroe. Forse non esisteva davvero, oppure esisteva certamente come gli altri protagonisti dei fumetti che, prima o poi speravamo di veder compiere le loro imprese sotto casa. Dovemmo aspettare il 1970 per constatare che quel giocatore straordinario era di carne e ossa non una creatura di fantasia. In Messico c’erano i Mondiali e l’Italia partecipava, in veste un pò dimessa, come è accaduto spesso, salvo poi scompaginare i pronostici. Fu una cavalcata straordinaria, come sappiamo. Fino all’ultimo atto dove incontrammo il fumetto. Si perché in quella finale capimmo che, sarà stato pure umano, ma di sicuro aveva i superpoteri. E Pelè divenne il mito che conoscevamo anche con tutti i suoi nomi: Edson Arantes Do Nascimento. E in campo scendevano tutti e quattro: troppo forte. Fu naturale per noi, ragazzini con il pallone dappertutto, eleggerlo ad esempio da imitare. Noi con le ginocchia perennemente sbucciate, con le scarpe aperte a coccodrillo, noi laceri, coi maglioni sudati e i giubbotti a fare da palo. Noi in cerca di terreni e piazze da calpestare correndo dietro a quel SuperTele, SuperSantos (la sua squadra) o i più fortunati, lo Yashin. Noi che ci facevamo anche la radiocronaca e chi dribblava tutti era sempre lui: Pelè. Noi presenti in un tempo lindo e genuino dove non ci fregava nulla di quanto guadagnasse un calciatore. Noi che pensavamo in grande. Noi che da grandi volevamo essere fumetti.

Come Pelè.

25.12.22

Natale 2022


Amare non è solo
una cassetta della posta
con un nome e un indirizzo.
Non è solo lo sfrigolio
di affamate endorfine,
il logorio quotidiano
tra meccaniche celesti
e sublimi banalità.

Amare è ascolto,
respiro, visione,
profondità.

Amare è prescindere,
sollevarsi da sè,
lasciare in stand by
la propria aura
per esplorare i contorni.

Si scoprirà che
la tua presunta opacità
è splendore
nel buio del mondo,
sofferente e solo.

Sei ricco
a tua drammatica insaputa.

Tanto ricco
da poter spendere
immense fortune
nel rivolgere
sguardo e condivisione
a chi vive ai margini
di un Natale bombardato.



24.12.22

Cuore sbagliato

 


Chissà come batte
un cuore sordo,
barricato, pantofolaio
che procede bolso
raspando grumi d’avidità.

Chissà come pulsa
un cuore sotterraneo
tra cavità d’ego morbose
calcificazioni viscerali
e smodate indifferenze.

Ma di che si nutre
un cuore pedestre
tra banchetti di noia
meeting e summit
briefing e conference.

A volte vorrei trapiantarmi
un cuore ignaro a sè
per riposare il mio
evaso dal sistema
nudo alle intemperie
carico residuale.


Ho imparato a disegnare il cielo


Da bambino guardavo il cielo
e il cielo guardava me
ma non lo sapevo disegnare.

Irrisolti restavano
quei sentieri
che cadevano nel buio.

Che confusione
quei fiammiferi negli occhi
quando a bocca aperta
sui sedili anteriori della notte
appannavo i vetri di dubbi.

Ho poi dimenticato
per troppo tempo
il colore e la voce delle stelle
e mio padre mi chiamava
cercandomi invano
fra divani e sconfitte.

Ma poi un giorno
mi regalò un giocattolo
potente come un cannocchiale
che spalancò le volte
e finalmente
tracciai le linee giuste
a formare la mia costellazione.

Ero risolto ma non durò molto:
mi cadde quella lente prodigiosa.

Ora so disegnare il cielo
anche se non lo vedo
perché ogni giorno
ne invento uno nuovo.

La notte delle falene


L’amore si fa carne e sale
unghie torride di vento
brace di sudori
pane e culla primordiali
solo e soltanto
quando le anime
si cantano poesie
nell’eterna notte delle falene.

Il cappotto


Un uomo cammina col suo cappotto.
Un uomo e il suo cappotto camminano.
Un uomo è il suo cappotto.
Un uomo è solo col suo cappotto.
Il cappotto e l’uomo sono soli
e camminano tenendosi addosso
fino alla morte della strada.

12.12.22

L’adagio della sera


Nel desistere dei cobalti
la notte si farà luna
ed io sarò in te
con il murmure
del fiume che si fa mare.

Frammenti statuari


Raccoglierò ogni tuo pezzo
per scolpirti di sogno
ti farò statua
anima frantumata
di carne furente
il mio nulla e il tuo niente
qualcosa più di tutto
essenza di stelle.

Alzare il capo


Il tuo sguardo reclinato
ha mani a coppa
per raccogliere amore
ma celi il tuo profilo
dietro angoli senzienti:
non brillerai mai più
nei cieli di chi guarda in basso.

Anima invischiata


Anima invischiata,
impaludata, inaridita
sarò il vento salvifico
insinuantesi scrupoloso
carezzevole e prodigo
tra fessure anelanti
tra parole prigioniere
stura di catarsi.

Socchiudi le ante
impolverate di gelo
al mio bussare:
porterò con me il sole
usciremo insieme
a rotolarci nel mattino.

Abbandono


Riposa.
Rughe di legno offeso
stimmate di un amplesso
di venti e acque ingrati.

Ferma e solenne
con la traccia
di un polso millenario
cascante dai bordi
labbra riconoscenti
del tuo ultimo amante.

Dicembre


Resta blindato nella vertigine
dei vascelli naufragati,
tempesta della memoria,
canti stonati,
lettere vergate di mestizia,
barcollanti vuoti di senso,
stragi di speranze,
assenze,
piaghe,
argini di silenzio,
bimbi in braccio al mare,
e qualcosa di tenero
che mi urla dentro
e mi dice di uscire
e respirare sorrisi.

Rinascite


Un giorno ti sei alzata
per scrollarti di dosso
parole acuminate
che rigavano la schiena
ecchimosi non suturabili
respiri di muffa
fuliggine di dolore.

Fragile manichino
ti sei afferrata nei gorghi
a una roccia aguzza
nel crudo fiume
del cimitero delle ali
obitorio dei sogni.

Poi la brezza sulle mani
ha disegnato vita
su carta e corde
era la te raggomitolata
gonfia d’amore e sole
onda felice di schiuma.

Ora non cerchi più appigli
vai dolce sirena
vai a ridestare sensi
a tinteggiare crepuscoli
lasciami guardarti incantato
pendere dalle tue labbra di sogno.

22.11.22

Per la piccola Sofia Sportelli


C’erano bandiere
e cravatte
c’erano tacchi
e medaglie
c’erano quaderni
e campanelle

c’era persino un crocifisso
che penzolava
da una parete di banalità.

Era tutto perfettamente in ordine.

Solo, per terra,
stonava
una bambola rotta.

21.11.22

Sei bella


Sei bella
di ferite aperte
e suture di sogni
di cristalli di pianto
e risa nello stomaco

sei bella
di fólgore e liquirizia
di polline e graffi
di sabbia chiara
e nude conchiglie

sei bella
quando voli scalza
rubando arcobaleni
da cucirti addosso

sei bella di nascosto
ma io ti so scovare
sei bella nel profondo
ma io ti riporto al sole.

Sei bella in segreto
e non lo dirò a nessuno
se si esclude l’universo.

La percezione del tempo


M’innamorai di te
quando mi ribaltatasti
la percezione del tempo
piantando un picchetto d’eterno
lì dove il tuo fiume
si fece mio mare.


13.11.22

A te


A te che mi curvi la luce
artiglio di stelle cadenti
diagramma esponenziale
del mio bailamme emotivo

disegnerò fontane di zaffiri
con le tue lacrime bollenti
stenderò tappeti di ginestre
sotto le tue danze tribali
farò talismani dei tuoi boccoli

bacerò gli orli dei tuoi silenzi
scalerò la schiena delle tue paure
flirtando con i millimetri
drogandomi di epidermide
fraseggiando di stupide follie

in te
dentro te
fuso in te
chiuso a chiave
in un sogno di donna.

Fango


Chiese sconsacrate
le mie scarpe
sporche di fango
mi affaccio
alle tue sopracciglia
aperte sull’orlo della notte
falene tristi
confabulanti
mentre l’essenza virtuosa
del tuo corpo
si fa sostanza
mi contorce il cuore.

5.11.22

Novembre

Novembre ha un alito cattivo
è ineducato nel suo andare
sporca le mani di tristezza
ti presenta il conto
mugola.

Cerco di blandirlo
di prenderlo sottobraccio
“dai su sono già cupo di mio
- siamo soci - in fondo.”

Ma novembre
ha una cadenza funerea
borbotta anatemi
ha veleno in saccoccia
passeggia sulle paure
fischietta.

Novembre ha un cancellino
che rotea spietato
sulla lavagna dell’estate
e ti convince ineluttabile
che sei solo un residuo
di un’illusione periodica.

Novembre ha il sapore
di quel giorno malato
quando Dio spense la luce
su di un amore mai esistito
assicurandosi che nessuno
avesse conservato
le chiavi dell’alba.

Onde affiancate






Fummo solo
onde affiancate
in un tramonto
rubato al destino
per un gioco
perverso di correnti

tossiche turbolenze
che l’oceano
pensò bene
d’infrangere per sempre.

Miracoli




Non esiste
una giornata qualunque
dietro la porta
della nostra casa
c’è un convegno di miracoli.

Abbiamo perso
l’allenamento alla bellezza
che ci saluta e ci riconosce
ma noi non ci badiamo.

I fiori nelle aiuole
i cagnolini infreddoliti
i bastoni con i nonni
appesi alla saggezza
dei proverbi e dei dialetti:
tutto ci cammina accanto
in meravigliosi sottobraccio.

Ci occorre
la rivoluzione della semplicità
che riporti
il cappello della gentilezza
sulla testa del mondo.

22.10.22

Attese


Ti aspetto
con la tua furia
e la tua dolcezza
con le tue dedizioni
e i tuoi abbandoni
come lo scoglio attende
i capricci delle onde
e dedica fradicie poesie
alla sabbia ed alla schiuma.

Fazzoletto di luna

 


Un fazzoletto di luna
un bicchiere col tuo rossetto
un collant perduto sul divano
e poi tienimi per mano
sotto i guanciali
rimboccami le coperte di sogni.

Cento rose rosse


Cento rose rosse
per una transeunte bellezza
non valgono
quanto un fiore di campo
per la breccia senza tempo
che hai aperto nella mia vita.

Non è complicato


Non è molto complicato
scrivere poesie…
basta sanguinare.

Graffi


Ho un graffio rosa
sul petto
che non ricordavo;
forse fu quando
cercai di legare
il tuo aquilone
alla mia felicità.

Salvezza


Avanzare invisibile
in desertificati tormenti
tra cumuli ingombranti
d’immondizia verbale
e carnali falsità.

Scavo nel nulla cosmico:
ti riporterò alla luce, amore.

Dissetami di meraviglia.

11.10.22

La memoria della polvere


Un semplice atto domestico - spolverare - non immaginavo potesse essere così ridondante. La polvere si accanisce sui mobili come i ricordi alla nostra memoria. Pervicace, subdola, sadica a volte. Passi e ripassi ma lei t’inganna con un’evanescenza da prestigiatore. Anche se usi quegli aggeggi che promettono miracoli, in realtà lei prende solo un Uber e si sposta da un’altra parte.
Poi la vuoi gabbare alleandoti col sole che la svela come quella speciale luce blu che agisce con gli spiriti. Se ti concentri puoi sentire le grasse risate che si fa giocando nei fasci rotondi illuminati.
Così ogni giorno tentiamo di spolverare la memoria. Quando la mano si posa su oggetti che hanno una storia di cumuli disordinatamente celati, scatta un interruttore che apre un circuito che ritenevi disattivato. Invece è vivo, tra ossidi e ruggine, risponde ancora al contatto.
Le due inutilità sono in simbiosi.
Potrai passare e ripassare milioni di volte accuratamente in quel labirinto di cellule nervose. Ti colpevolizzerai pensando di non essere stato sufficientemente scrupoloso l’ultima volta. E ripeterai lo stesso gesto, andando più a fondo, premendo e scavando.
Ma la volta successiva li troverai ancora tutti lì, i ricordi.
A parlarti del segno che hai lasciato e del sogno che hai perduto.

3.10.22

Ottobre


Ottobre ha una scopa in mano.

La sua missione
è rendere inoffensivo
il vento e il suo seguito
di foglie e screzi malinconici.

Ottobre è pazienza,
virtù del silenzio,
pacificazione.

Al mattino
trascina con sè
un sole indeciso
piangendo sui parapetti
per uno sforzo atavico.

Ottobre ci vuole amare
al di là della solitudine
dei fiori recisi
delle mani separate
delle guerre e dei bambini
dei figli senza futuro.

Ottobre in fondo
è come noi:
geneticamente triste
magicamente umano
profondamente giusto.

Esiste un bordo


Esiste un bordo per tutte le cose.

C’è n’è uno per il cammino
dove il passo s’attarda
per lo sguardo
dove la palpebra s’arruga
per la lama
dove la mano s’arrischia.

C’è un bordo per il foglio
dove la scrittura s’aggrinza
s’accorcia, s’ingorga.

E c’è un bordo per il pensiero
che s’affolla e s’intorbida e s’arrocca
crèpita e si strugge.

Rattrappito nel grumo dei sogni.