Era la fine di aprile. In quel periodo il suo paese si gode lo spettacolo di una primavera in trionfo e di un’estate in embrione, che si prendono sottobraccio come vecchie amiche, scambiandosi i loro migliori doni: i profumi della natura in festa, deliziati da una temperatura gradevole, da apprezzare in una rarefazione di moltitudini.
Il giorno di festa lo sospinse verso il mare.
Il suo luogo preferito era un vecchio molo abbandonato, dove un tempo approdavano mercantili, circondato da una larga cala protetta dal maestrale. Stese il suo telo sulla liscia superficie di cemento e si sedette comodamente in un silenzio surreale. Il sole aveva preso possesso del cielo come un antico feudatario medievale, scalciando via ogni tentativo di nuvole. L’aria era avvolta da una calura inebriante. Il mare aveva apparecchiato una tavola trasparente, sulla quale qualche timida onda si limitava ad accarezzare gli scogli, dove i granchi sgambettavano pigramente. I gabbiani sembravano volare d’inerzia, come cercassero comode amache da occupare con le ali aperte per abbronzarsi.
Da qualche giorno era depresso. Aveva la sensazione che l’amore della sua vita fosse nella fase terminale. Non aveva bisogno di riflettere più di tanto su cosa stava accadendo per una ragione ben precisa: era certo, per com’era la sua indole, che qualsiasi decisione avesse preso, avrebbe finito per distribuire sofferenza sulle persone intorno a lui e i relativi rimorsi lo avrebbero inseguito incessantemente. Sarebbe accaduto anche ove avesse deciso di non decidere. Questo peso lo opprimeva come un macigno sul torace.
Si distese sull’asciugamano e indossò gli auricolari. La musica da sempre aveva il potere di trascinarlo lontano. A volte la cercava per distrarsi. In altri casi per infossarsi ancora di più nel dolore, per escoriarsi l’anima, cercare redenzione o farsi scomunicare dalla vita.
“𝙄 𝙛𝙤𝙪𝙣𝙙 𝙖 𝙡𝙤𝙫𝙚 𝙛𝙤𝙧 𝙢𝙚 𝙊𝙝, 𝙙𝙖𝙧𝙡𝙞𝙣𝙜, 𝙟𝙪𝙨𝙩 𝙙𝙞𝙫𝙚 𝙧𝙞𝙜𝙝𝙩 𝙞𝙣”.
Le note entrarono nei suoi padiglioni con la forza di un ariete. Quella canzone era ormai una hit tra le più conosciute e, come spesso accade, il suo stesso successo la ridimensionava in originalità e trasporto. Ma la musica ha una connessione stretta e dirompente con i momenti topici in cui viene ascoltata. E questo, per lui, era uno di quelli.
“𝙊𝙝, 𝙙𝙖𝙧𝙡𝙞𝙣𝙜, 𝙟𝙪𝙨𝙩 𝙠𝙞𝙨𝙨 𝙢𝙚 𝙨𝙡𝙤𝙬, 𝙮𝙤𝙪𝙧 𝙝𝙚𝙖𝙧𝙩 𝙞𝙨 𝙖𝙡𝙡 𝙄 𝙤𝙬𝙣”.
Il suo cuore iniziò ad accelerare, inciampando e ingolfandosi come un’auto che passasse repentinamente dall’asfalto allo sterrato. Gli si materializzò il volto di lei, sorridente, chino su un orizzonte ignaro e inondato di luce. Il sole intuì di essere d’impaccio e richiamò velocemente un cirro d’emergenza. Ebbe anche la sensazione che i gabbiani, educatamente, scansassero quello spaccato di cielo per non interferire con la sua proiezione.
Pensò che l’amava, oh si! L’amava davvero tanto e non voleva perderla.
“𝙊𝙝, 𝙗𝙖𝙗𝙮, 𝙄'𝙢 𝙙𝙖𝙣𝙘𝙞𝙣' 𝙞𝙣 𝙩𝙝𝙚 𝙙𝙖𝙧𝙠 𝙬𝙞𝙩𝙝 𝙮𝙤𝙪 𝙗𝙚𝙩𝙬𝙚𝙚𝙣 𝙢𝙮 𝙖𝙧𝙢𝙨 𝘽𝙖𝙧𝙚𝙛𝙤𝙤𝙩 𝙤𝙣 𝙩𝙝𝙚 𝙜𝙧𝙖𝙨𝙨 𝙬𝙝𝙞𝙡𝙚 𝙡𝙞𝙨𝙩𝙚𝙣𝙞𝙣' 𝙩𝙤 𝙤𝙪𝙧 𝙛𝙖𝙫𝙤𝙪𝙧𝙞𝙩𝙚 𝙨𝙤𝙣𝙜”.
Gli venne in mente che aveva sempre desiderato una cosa che non si era ancora potuta materializzare. Voleva ballare con lei un lento come si usava negli anni ‘70, interminabile, guancia a guancia, con i suoi capelli che gli finivano negli occhi, baciandole i lobi delle orecchie, e mormorandole cose ridicole, sconclusionate, poesie di bambini.
Ormai piangeva a dirotto e i gabbiani disegnavano ghirigori in quello spazio vuoto dove si era dissolto il sogno.
Si tolse gli auricolari e notò che il sole aveva riconquistato il suo incontrastato dominio.
Era solo, aggrappato a quel vecchio molo, dove un tempo poderosi natanti avevano ghermito la terra, mentre ora la sua fragile barchetta stava lentamente prendendo il largo verso un misterioso destino.