31.8.20

Il bacio della Luna


Lasciami abbeverare
del tuo profumo - mare -
lo porterò nel mio viaggio
spargendolo tra le stelle.

30.8.20

Scirocco

S’insinua sfacciato
in risibili fessure,
sibila irridente,
sfotte, querula,
piega e cigola,
travolge e picchia.

Scirocco nefasto
imbevuto di polvere antica
fradicio di ostinate resistenze
ti sollevi fra le pagine amare
di un passato ammutolito.

Indesiderato ospite
di assolate permanenze
in un limbo affumicato
tra noia e routine.

Spazzi ma non cancelli,
sconvolgi ma non rimuovi,
riporti subdola clessidra
la tua sabbia all’indietro,
bruciando e riaprendo
ferite sepolte nel profondo.

Ignavo pandemico scirocco
concerto insolente
al mio stolido presente.

Vicolo

C’incontrammo così
appiccicati alle pareti:
ci presentarono
le nostre anime già fuse.

I nostri perché
volarono via
in un soffio di vento chiaro
e la vita prese la Luce
dal fondo di quel vicolo
e la portò dentro di noi.

29.8.20

Terapia


Quando il recipiente
dei miei sfilacciati sensi
ricolmo tracima dolore
non ho grandi rimedi:
devo scrivere e scrivere.

Intingo l’inchiostro dell’anima
per narrarmi la mia storia
ogni volta diversa
ogni volta uguale:
un rimbalzare di stagioni
con poche primavere
e tanti algidi inverni.

Eppure quelle poche
proiezioni ultraterrene,
accelerate interstellari,
cosmiche casualità
urlano e spazzano gioia.

S’alzano nel vento della notte
massaggiano ecchimosi
cauterizzano piaghe
danno comunque un senso
ad una sghemba verità.

Sono provvide luminarie
all’ansimante incedere
di titubanti passi.

Scriverò senza tregua
fino alla fine dei tempi
perché Madre Poesia
è fiamma eterna,
fonte inesauribile,
compagna sensuale,
amore assoluto.

Succede


Succede che
nel girare il cucchiaino del caffè
penso al cornetto
che lasciavi sbocconcellato
e a quelle briciole di te
che seguivo fino alla fine
del tuo odore.

Succede che
nello scorrere la libreria
rimetto i segnalibri
dove tu avevi le linguette
e leggo le tue pause
sfogliando le curiosità
che avevano acceso
i tuoi occhi sparpagliati.

Succede che
nell’aprire gli usci
delle mie stanze vuote
cammino sulle tue tracce
invisibili a chi non conosce
il percorso della tua anima
e ritrovo il cantuccio
dove ti eri nascosta nuda
per farmi impazzire.

Succede che
parlo ancora il tuo ridere
deliziosa eco argentina
respiro sempre il tuo gemere
picco di delizia sublime
avvito ancora il mio silenzio
alla tua ombra diamantina
graffio sempre il mio desiderio
fra gli spigoli della tua assenza.

Succede.

E sono sorsi di ambrosia.

Mattino


Mi sciolgo
in vibrazioni di luce.

25.8.20

Chissà

Nel planare insipido
di un agosto esitante
riprende a ticchettare
l’orologio del “chissà”.

Nuvole basse s’accartocciano
bevono dubbi sconosciuti,
vecchie identità rimosse
spalancano cantine polverose,
archivio dei nostri egoismi.

Chissà.

Fuochi fatui punteggiano il domani:
disegno nuove costellazioni
unendo punti del mio vivere,
inutili domande sul trascorso
soverchiate da nebbia incombente.

Chissà.

Sarò lapillo o cenere?
Il fiume represso di dolce lava
trattenuto da argini di paura
confluisce in oceani di rabbia:
sarà bonaccia o procella?

Chissà.

Sbircio nei pertugi dell’anima
trovo solo cestini colorati
pieni di giocattoli di pane:
so che sono lì per donarli
a chi vorrà leggermi il cuore.

22.8.20

Modalità di estrazione

Per ucciderti dentro di me
devo uccidere ogni atomo
ogni singolo istante
che hai infisso nel mio tempo.

Per soffocarti dentro di me
devo strozzare ogni urlo
ogni gemito emesso
che hai levato nel mio cielo.

Per incenerirti dentro di me
devo bruciare ogni verso
ogni singolo verso sprecato
che hai truffato al mio cuore.

Per giustiziarti dentro di me
devo decapitare ogni sogno
ogni perverso maldestro sogno
che hai narrato alla mia anima.

Per scaraventarti fuori di me
devo ucciderti giorno dopo giorno.

Risveglio d'agosto


Le lenzuola attorcigliate
intorno alle tue gambe
il mio viso sdraiato
sul tuo respiro chiaro
sazia di irresistibili baci
emetti ancora vibrazioni.

Nell’aria agostana
danzano spire di voluttà
miste a freschi aliti di rosa.

Circondi il mio universo
con asteroidi scintillanti
precipiti sulle mie labbra
con rotazioni geostazionarie
ti arrendi ai miei percorsi
sul tuo corpo accogliente.

E poi hai chiuso gli occhi
regalato un sorriso al mondo,
e un inchino alla Luna
che saluta i teneri amanti
prodiga di sensuali carezze. 

Un'altra epoca

Un’altra epoca
un’altra storia
una musica giovane
che mi prese per mano
toccò le corde dell’anima
m’inondò di luce.

Ora c’è un grande silenzio
che fa l’amore con il tempo
fermaglio cieco del rimpianto.

Però il vento sussurra al mare:
puoi ancora volare!
Spiega le ali al sole
sei sempre il più bel te stesso.

19.8.20

Impronte


Le tue impronte mute
serpeggiano il presente
sospeso candelabro vittoriano
impolverato d’assurdo
orlato di gemme nere
una ogni scavo
della mia fragilità.

Incandescenti marchi
ledono epidermidi avvizzite
dove hai lasciato
sogni di cartone accatastati
confusione di voglie
irriverenti fobie.

Ogni tanto pesco un ricordo
seppellito di banalità:
riluce di vita propria
rimbalza in primo piano
tra schizzi di domande
enfasi incancrenita.

Ho spalancato la gabbia
del mastino feroce,
bloccato con due tufi
la tentazione dell’oblio:
per ora attingo vorace
alla fonte del rancore.

Fantasie d'estate

La sabbia scorre
sulla tua schiena nuda
in ambrati rivoli
e mi diverto
ad anticiparne
l’inebriante destino
posando le labbra
fra le turgide curve.

Principessa tra le dune,
corolla di gemiti,
urlo di fremiti,
annegami di sole,
frangimi l’anima.

Noi, rotolati nei sogni,
arresi alle fantasie d’estate.

18.8.20

Ferruccio Leone


Quando un uomo con la poesia incontra un uomo con la barba quello con la poesia è un uomo morto.
Non ricordo com'è finito il film...

16.8.20

Ti sta vedendo l'altra - Pedro Salinas


Ti sta vedendo l'altra.
Somiglia a te:
i passi, la stessa fronte aggrondata,
gli stessi tacchi alti
tutti macchiati di stelle.

Quando andrete per strada
insieme, tutte e due,
difficile sapere chi sei,
e chi non sei tu!
Così uguali ormai, che sarà
impossibile continuare a vivere
così, essendo tanto uguali.
E siccome tu sei la fragile,
quella che appena esiste, tenerissima,
sei tu a dover morire.

Tu lascerai che ti uccida.
Che continui a vivere lei,
la falsa tu, menzognera,
ma a te così somigliante,
che nessuno ricorderà
tranne me, ciò che eri.

E verrà un giorno
perché verrà, si verrà -
in cui, guardandomi negli occhi,
tu vedrai che penso a lei
e che la amo
e vedrai che non sei tu.

Pedro Salinas

Che cos'è la felicità


La incontrò su una spiaggia poco frequentata. Era il 14 agosto e il solleone crepava ogni materiale esposto per più di 10 minuti. C’era folla sciamante ovunque, ma quella spiaggetta nascosta alla vista dietro vecchi capannoni abbandonati era pressoché deserta. Lui leggeva Goethe, lei leggeva Joyce. Fu amore a prima vista. Non si presentarono neppure e dopo 5 minuti erano immersi nella discussione se le forme di felicità finora cercate dall’umanità erano illusorie o concrete. Lei aveva dei vivacissimi occhi marroni che diventavano due fessure quando la conversazione cresceva di intensità. Lui aveva una gestualità sincronizzata alla perfezione con l’eloquio, forbito ma non stucchevole. Il sole sulle loro teste sembrava rassegnato a non incidere minimamente sui loro dialoghi affrettandone l’epilogo. Ad un certo punto, arrivati contestualmente alla conclusione che il “carpe diem”, dopo tutto era la soluzione più idonea, si baciarono. Prima sugli occhi, poi sui nasi e infine sulle labbra, dolci e salate insieme, in un incredibile miscuglio. “Ma come ti chiami?” “Enrico. E tu?” “Irene”.
“Mi vuoi sposare Irene? Ma non in Municipio o in chiesa. Ti voglio sposare nel pulsare dei venti, nel fragore del mare. Ti voglio sposare sulla cima del vulcano più ribollente della Terra, perché il suo magma non può competere con il mio amore per te”. Irene non disse nulla. Si alzò prese le sue mani nelle sue e dai suoi occhi divenuti fessure scaturirono lampi di desiderio. Fecero l’amore sulla spiaggia quella notte. La mattina dopo Enrico si svegliò ma era solo. Chiamo Irene a squarciagola ma senza esito. Poi guardò su di un muretto a secco che circondava i capannoni. C’erano due conchiglie abbracciate e a fianco una scritta: “Hai compreso ora cos’è la felicità?”

Percorsi


Camminerò
su sentieri innervati di sogni
dove ad ogni passo
raccoglierò stelle di cartone
ne farò soprammobili di luce
che riflettano la mia anima
su pareti di smeraldo

sarai la mia casa di tufo
profumata di rugiada
invasa dai tuoi sorrisi
carezzata dai nostri corpi
uncinati da febbre animale

ogni sera percorro il domani
in una mappa cerchiata d’amore
dove il tempo è opzione minore
verticale pendolo indolore.

12.8.20

Pausa di riflessione


Ci sono giorni in cui
spirito barcollante
sul ciglio della memoria
due orli tentano
agguantar l’anima mia.

L’uno - lancia nel costato -
sfrange alchemici rimpianti
non tanto per quel che è stato
ma per ciò che non avviene;
morsi sbocconcellati di routine
avvoltolati da atomi di felicità,
lo splendore complicato,
il miracolo della vita.

L’altro - brivido tra le scapole -
pone insolubili quesiti
querule rincorse fuori giri
non tanto per sterili traguardi
ma per ciò che vuolsi ritrovare:
era solo proiezione di falsità
o quel che è stato può tornare?
Allucinate balugini d’Eden
in compulsione sublime di corpi?

E pertanto oscilla l’anima mia
come pendolo ubriaco,
ma, testardo, resto in cima
in equilibrio eretto sulla poesia:
qui dall’alto il mio cuore scruta
e la mano scrive, lenta,
dipingendo versi colorati
su cieli vestiti di passione.

Il tuo sempre (*)


Amore sorridi
perché ogni tuo sorriso
è il mio sorriso
navigherò tra le tue labbra
con la bussola incarnata
dell’eterno istante vissuto

ogni tua lacrima
è la mia lacrima
che asciugherò col vento
sbattendo le mie ali

ogni tuo capello
è il mio capello
pettinerò le tue notti
con i palmi del mio cuore

taglierò le tue unghie
che sono le mie unghie
perché siano sempre uguali
perfette per tenerci stretti

ogni tua carezza
che è la mia carezza
ti accompagnerà per sempre
perché io sarò il tuo sempre

oggi, domani, in alto,
nel profondo della tua vita
per sempre.

(dopo aver visto il video allegato.)

Cilicio


C’è un passato
che non è indietro
è sopra
e cala subdola trappola
di lame taglienti
sfrega e sminuzza
cellule neonate
macina e grattugia
volontà di respiri
m’inchioda ad una croce
che ho portato
a mia insaputa

Al di là

Al di là
di questo muro di cielo
imperioso bastione
dove impattano e rimbalzano
frotte di desideri
grondanti amori perduti

al di là
di queste cascate di nuvole
argentine gibbose
dove si perdono e gemono
girovaganti pensieri
ansimanti teneri ricordi

al di là
di questi occhi di stelle
rovesciato pavimento di sogni
dove la mia penna d’ali
traccia schizzi di follia

al di là c’è un oltre
e più in là un sempre
dove attendo di avvolgere
la mia anima trasparente.