31.8.20

Il bacio della Luna


Lasciami abbeverare
del tuo profumo - mare -
lo porterò nel mio viaggio
spargendolo tra le stelle.

30.8.20

Scirocco

S’insinua sfacciato
in risibili fessure,
sibila irridente,
sfotte, querula,
piega e cigola,
travolge e picchia.

Scirocco nefasto
imbevuto di polvere antica
fradicio di ostinate resistenze
ti sollevi fra le pagine amare
di un passato ammutolito.

Indesiderato ospite
di assolate permanenze
in un limbo affumicato
tra noia e routine.

Spazzi ma non cancelli,
sconvolgi ma non rimuovi,
riporti subdola clessidra
la tua sabbia all’indietro,
bruciando e riaprendo
ferite sepolte nel profondo.

Ignavo pandemico scirocco
concerto insolente
al mio stolido presente.

Vicolo

C’incontrammo così
appiccicati alle pareti:
ci presentarono
le nostre anime già fuse.

I nostri perché
volarono via
in un soffio di vento chiaro
e la vita prese la Luce
dal fondo di quel vicolo
e la portò dentro di noi.

29.8.20

Terapia


Quando il recipiente
dei miei sfilacciati sensi
ricolmo tracima dolore
non ho grandi rimedi:
devo scrivere e scrivere.

Intingo l’inchiostro dell’anima
per narrarmi la mia storia
ogni volta diversa
ogni volta uguale:
un rimbalzare di stagioni
con poche primavere
e tanti algidi inverni.

Eppure quelle poche
proiezioni ultraterrene,
accelerate interstellari,
cosmiche casualità
urlano e spazzano gioia.

S’alzano nel vento della notte
massaggiano ecchimosi
cauterizzano piaghe
danno comunque un senso
ad una sghemba verità.

Sono provvide luminarie
all’ansimante incedere
di titubanti passi.

Scriverò senza tregua
fino alla fine dei tempi
perché Madre Poesia
è fiamma eterna,
fonte inesauribile,
compagna sensuale,
amore assoluto.

Succede


Succede che
nel girare il cucchiaino del caffè
penso al cornetto
che lasciavi sbocconcellato
e a quelle briciole di te
che seguivo fino alla fine
del tuo odore.

Succede che
nello scorrere la libreria
rimetto i segnalibri
dove tu avevi le linguette
e leggo le tue pause
sfogliando le curiosità
che avevano acceso
i tuoi occhi sparpagliati.

Succede che
nell’aprire gli usci
delle mie stanze vuote
cammino sulle tue tracce
invisibili a chi non conosce
il percorso della tua anima
e ritrovo il cantuccio
dove ti eri nascosta nuda
per farmi impazzire.

Succede che
parlo ancora il tuo ridere
deliziosa eco argentina
respiro sempre il tuo gemere
picco di delizia sublime
avvito ancora il mio silenzio
alla tua ombra diamantina
graffio sempre il mio desiderio
fra gli spigoli della tua assenza.

Succede.

E sono sorsi di ambrosia.

Mattino


Mi sciolgo
in vibrazioni di luce.

25.8.20

Chissà

Nel planare insipido
di un agosto esitante
riprende a ticchettare
l’orologio del “chissà”.

Nuvole basse s’accartocciano
bevono dubbi sconosciuti,
vecchie identità rimosse
spalancano cantine polverose,
archivio dei nostri egoismi.

Chissà.

Fuochi fatui punteggiano il domani:
disegno nuove costellazioni
unendo punti del mio vivere,
inutili domande sul trascorso
soverchiate da nebbia incombente.

Chissà.

Sarò lapillo o cenere?
Il fiume represso di dolce lava
trattenuto da argini di paura
confluisce in oceani di rabbia:
sarà bonaccia o procella?

Chissà.

Sbircio nei pertugi dell’anima
trovo solo cestini colorati
pieni di giocattoli di stelle:
so che sono lì per donarli
a chi vorrà leggermi il cuore.

22.8.20

Modalità di estrazione

Per ucciderti dentro di me
devo uccidere ogni atomo
ogni singolo istante
che hai infisso nel mio tempo.

Per soffocarti dentro di me
devo strozzare ogni urlo
ogni gemito emesso
che hai levato nel mio cielo.

Per incenerirti dentro di me
devo bruciare ogni verso
ogni singolo verso sprecato
che hai truffato al mio cuore.

Per giustiziarti dentro di me
devo decapitare ogni sogno
ogni perverso maldestro sogno
che hai narrato alla mia anima.

Per scaraventarti fuori di me
devo ucciderti giorno dopo giorno.

Risveglio d'agosto


Le lenzuola attorcigliate
intorno alle tue gambe
il mio viso sdraiato
sul tuo respiro chiaro
sazia di irresistibili baci
emetti ancora vibrazioni.

Nell’aria agostana
danzano spire di voluttà
miste a freschi aliti di rosa.

Circondi il mio universo
con asteroidi scintillanti
precipiti sulle mie labbra
con rotazioni geostazionarie
ti arrendi ai miei percorsi
sul tuo corpo accogliente.

E poi hai chiuso gli occhi
regalato un sorriso al mondo,
e un inchino alla Luna
che saluta i teneri amanti
prodiga di sensuali carezze. 

Un'altra epoca

Un’altra epoca
un’altra storia
una musica giovane
che mi prese per mano
toccò le corde dell’anima
m’inondò di luce.

Ora c’è un grande silenzio
che fa l’amore con il tempo
fermaglio cieco del rimpianto.

Però il vento sussurra al mare:
puoi ancora volare!
Spiega le ali al sole
sei sempre il più bel te stesso.

19.8.20

Impronte


Le tue impronte mute
serpeggiano il presente
sospeso candelabro vittoriano
impolverato d’assurdo
orlato di gemme nere
una ogni scavo
della mia fragilità.

Incandescenti marchi
ledono epidermidi avvizzite
dove hai lasciato
sogni di cartone accatastati
confusione di voglie
irriverenti fobie.

Ogni tanto pesco un ricordo
seppellito di banalità:
riluce di vita propria
rimbalza in primo piano
tra schizzi di domande
enfasi incancrenita.

Ho spalancato la gabbia
del mastino feroce,
bloccato con due tufi
la tentazione dell’oblio:
per ora attingo vorace
alla fonte del rancore.

Fantasie d'estate

La sabbia scorre
sulla tua schiena nuda
in ambrati rivoli
e mi diverto
ad anticiparne
l’inebriante destino
posando le labbra
fra le turgide curve.

Principessa tra le dune,
corolla di gemiti,
urlo di fremiti,
annegami di sole,
frangimi l’anima.

Noi, rotolati nei sogni,
arresi alle fantasie d’estate.

18.8.20

Ferruccio Leone


Quando un uomo con la poesia incontra un uomo con la barba quello con la poesia è un uomo morto.
Non ricordo com'è finito il film...

16.8.20

Ti sta vedendo l'altra - Pedro Salinas


Ti sta vedendo l'altra.
Somiglia a te:
i passi, la stessa fronte aggrondata,
gli stessi tacchi alti
tutti macchiati di stelle.

Quando andrete per strada
insieme, tutte e due,
difficile sapere chi sei,
e chi non sei tu!
Così uguali ormai, che sarà
impossibile continuare a vivere
così, essendo tanto uguali.
E siccome tu sei la fragile,
quella che appena esiste, tenerissima,
sei tu a dover morire.

Tu lascerai che ti uccida.
Che continui a vivere lei,
la falsa tu, menzognera,
ma a te così somigliante,
che nessuno ricorderà
tranne me, ciò che eri.

E verrà un giorno
perché verrà, si verrà -
in cui, guardandomi negli occhi,
tu vedrai che penso a lei
e che la amo
e vedrai che non sei tu.

Pedro Salinas

Che cos'è la felicità


La incontrò su una spiaggia poco frequentata. Era il 14 agosto e il solleone crepava ogni materiale esposto per più di 10 minuti. C’era folla sciamante ovunque, ma quella spiaggetta nascosta alla vista dietro vecchi capannoni abbandonati era pressoché deserta. Lui leggeva Goethe, lei leggeva Joyce. Fu amore a prima vista. Non si presentarono neppure e dopo 5 minuti erano immersi nella discussione se le forme di felicità finora cercate dall’umanità erano illusorie o concrete. Lei aveva dei vivacissimi occhi marroni che diventavano due fessure quando la conversazione cresceva di intensità. Lui aveva una gestualità sincronizzata alla perfezione con l’eloquio, forbito ma non stucchevole. Il sole sulle loro teste sembrava rassegnato a non incidere minimamente sui loro dialoghi affrettandone l’epilogo. Ad un certo punto, arrivati contestualmente alla conclusione che il “carpe diem”, dopo tutto era la soluzione più idonea, si baciarono. Prima sugli occhi, poi sui nasi e infine sulle labbra, dolci e salate insieme, in un incredibile miscuglio. “Ma come ti chiami?” “Enrico. E tu?” “Irene”.
“Mi vuoi sposare Irene? Ma non in Municipio o in chiesa. Ti voglio sposare nel pulsare dei venti, nel fragore del mare. Ti voglio sposare sulla cima del vulcano più ribollente della Terra, perché il suo magma non può competere con il mio amore per te”. Irene non disse nulla. Si alzò prese le sue mani nelle sue e dai suoi occhi divenuti fessure scaturirono lampi di desiderio. Fecero l’amore sulla spiaggia quella notte. La mattina dopo Enrico si svegliò ma era solo. Chiamo Irene a squarciagola ma senza esito. Poi guardò su di un muretto a secco che circondava i capannoni. C’erano due conchiglie abbracciate e a fianco una scritta: “Hai compreso ora cos’è la felicità?”

Percorsi


Camminerò
su sentieri innervati di sogni
dove ad ogni passo
raccoglierò stelle di cartone
ne farò soprammobili di luce
che riflettano la mia anima
su pareti di smeraldo

sarai la mia casa di tufo
profumata di rugiada
invasa dai tuoi sorrisi
carezzata dai nostri corpi
uncinati da febbre animale

ogni sera percorro il domani
in una mappa cerchiata d’amore
dove il tempo è opzione minore
verticale pendolo indolore.

12.8.20

Pausa di riflessione


Ci sono giorni in cui
spirito barcollante
sul ciglio della memoria
due orli tentano
agguantar l’anima mia.

L’uno - lancia nel costato -
sfrange alchemici rimpianti
non tanto per quel che è stato
ma per ciò che non avviene;
morsi sbocconcellati di routine
avvoltolati da atomi di felicità,
lo splendore complicato,
il miracolo della vita.

L’altro - brivido tra le scapole -
pone insolubili quesiti
querule rincorse fuori giri
non tanto per sterili traguardi
ma per ciò che vuolsi ritrovare:
era solo proiezione di falsità
o quel che è stato può tornare?
Allucinate balugini d’Eden
in compulsione sublime di corpi?

E pertanto oscilla l’anima mia
come pendolo ubriaco,
ma, testardo, resto in cima
in equilibrio eretto sulla poesia:
qui dall’alto il mio cuore scruta
e la mano scrive, lenta,
dipingendo versi colorati
su cieli vestiti di passione.

Il tuo sempre (*)


Amore sorridi
perché ogni tuo sorriso
è il mio sorriso
navigherò tra le tue labbra
con la bussola incarnata
dell’eterno istante vissuto

ogni tua lacrima
è la mia lacrima
che asciugherò col vento
sbattendo le mie ali

ogni tuo capello
è il mio capello
pettinerò le tue notti
con i palmi del mio cuore

taglierò le tue unghie
che sono le mie unghie
perché siano sempre uguali
perfette per tenerci stretti

ogni tua carezza
che è la mia carezza
ti accompagnerà per sempre
perché io sarò il tuo sempre

oggi, domani, in alto,
nel profondo della tua vita
per sempre.

(dopo aver visto il video allegato.)

Cilicio


C’è un passato
che non è indietro
è sopra
e cala subdola trappola
di lame taglienti
sfrega e sminuzza
cellule neonate
macina e grattugia
volontà di respiri
m’inchioda ad una croce
che ho portato
a mia insaputa

Al di là

Al di là
di questo muro di cielo
imperioso bastione
dove impattano e rimbalzano
frotte di desideri
grondanti amori perduti

al di là
di queste cascate di nuvole
argentine gibbose
dove si perdono e gemono
girovaganti pensieri
ansimanti teneri ricordi

al di là
di questi occhi di stelle
rovesciato pavimento di sogni
dove la mia penna d’ali
traccia schizzi di follia

al di là c’è un oltre
e più in là un sempre
dove attendo di avvolgere
la mia anima trasparente.

9.8.20

Take my breath away (Top Gun) (*)

Ti sei nascosta
in qualche posto segreto
dentro di me
e prendi il mio respiro.

Siamo vento di follia
camminiamo sulle nuvole
ci voltiamo e ci guardiamo
siamo spiriti eterei.

Ci mostriamo al mondo
senza più vergogna
per un attimo infinito
sei sfuggita dal mio tempo.

Hai girato la clessidra
ti ho rincorsa nello specchio
ma eri dentro di me
e prendi il mio respiro.

Sono in fiamme per te
gioco a far l’amante
ti guardo al rallentatore
e annego nel tuo sorriso.

Eri fuggita dal mio tempo
ho cercato sulla Luna
ma eri dentro di me
e prendi il mio respiro.

(*) cit. Berlin

7.8.20

La truffa

Una persona mi attaccò tempo fa scrivendomi questa frase:

"I poeti che brutte creature:
ogni volta che parlano è una truffa."

La citazione è di Fabrizio De Andrè. 
All'epoca restai pressochè muto, ferito non tanto dal contenuto in sè della frase, quanto dal fatto che quel pezzo di De Andrè ("Le storie di ieri"), la considero un ricalcare molto simile quello che è stato il mio vissuto di adolescente con un padre ingombrante, di idee moderate, che sentiva soffocare la propria libertà di sognare un mondo diverso. Il contesto dell'attacco, - distanza tra pensiero e concretezza -, era totalmente fuori luogo, visto che De Andrè si riferiva ad un ambito politico-ideologico dove il poeta, al di là dell’ironia su Mussolini, presumibilmente, era D'Annunzio.
A distanza di tempo ritengo di poter affermare che il truffatore non ero io. Chi ha vissuto la propria esistenza alla stregua di un "copia e incolla", non essendo capace di un pensiero autonomo di livello, salvo le solite banalità di cui è stracolma internet, ha dimostrato una miserevolezza unita ad una capacità trasformistica e manipolatoria che, prima di truffare il prossimo, ha ingannato sè stesso.

Quello che vorrei fare con te

Vorrei fare con te
quello che fa la pioggia
alla terra riarsa,
quello che fa la luna
al ciclo delle maree,
quello che fa Saturno
ai suoi anelli.

Vorrei essere
l’onda tenera di bonaccia
quando accarezza
la spiaggia del tuo ventre.

Vorrei essere il verso
che gioca con la lingua,
la nota che s’incastra
nel pentagramma,
lo scalpello che cesella
marmorei seni
e vertiginosi fianchi.

Vorrei essere tappeto di stelle
e farmi rotolare sopra
la tua essenza di cometa.

Vorrei essere al centro
del tuo nocciolo di supernova
e attendere smanioso
l’esplosione nel firmamento.

6.8.20

Il mio orizzonte


Lì dove il cielo si fa mare
s’inabissa il pensier mio.

Lì dove regna il blu infinito
s’avvolge d’estasi l’anima.

Lì dove è amplesso di sogni
mi disperdo farina di stelle.

Brucio di silenzi
intarsiati di fantastico
mi alzo in volo verticale
cercando un rendez-vous
al desco degli angeli.

Temporale estivo

Fòlgore e boati
sàpido contrappasso,
concerto declamato
ad una calma sedata.

Volli un tempo
saettare tra nubi voraci,
scatenare sensuali scintille,
grondare pioggia di umori,
urlare sogni di godimento.

E come temporale d’estate
sei restata solo odore di terra,
sinuosi rivoli sciamanti acido,
trascinati fischi di foglie.

Fu irridente vuota grandezza
che mi rombò dentro
dissetando un fuoco perenne

pareva Apocalisse d’Angeli:
è durata uno schiocco di tuoni
giusto un temporale d’estate.

Wish You Were Here (*)

Davvero pensi
di poter dire al vento
di spezzare le montagne?
o al velo di nascondere un sorriso?

Davvero pensi che
tra rotaie d’acciaio
nasca un albero verde?
O il cielo possa piangere
lacrime blu?

Come può una guerra
essere una passeggiata?
O i tuoi eroi essere fantasmi?

Nuotiamo nella stessa acqua
rancida e sterile.

Vorrei che tu fossi qui
protagonista della mia storia.
Abbiamo percorso due sentieri
provando le stesse vecchie paure.

Vorrei che tu fossi qui
protagonista della mia storia.
Abbiamo attraversato due mari
piangendo le stesse calde lacrime.

Vorrei che tu fossi qui
redentrice della mia vita.
Abbiamo toccato due stelle
volando le stesse luminose scie.

(*) cit. Pink Floyd

5.8.20

Scudo termico


Mi avevi proiettato
sulla Luna
ci eravamo scoperti
le nostre parti nude
nascoste agli sguardi ciechi

poi mi hai espulso
dalla tua orbita impazzita.

Ora il mio rientro in bilico:
tentazioni di rimbalzo
o appagante disintegrarsi.

4.8.20

Pensieri tossici


Seguo la curva
sinuosa dell’orizzonte
e cerco di indovinare
dove ha origine
dove fugge
e si nasconde
il fluire costante
di questi pensieri
tossici di pervicacia.

Li vorrei scovare
ipnotizzarli di ovvio,
soffocarli di buon senso,
uccidere di ragione.

Impresa titanica
ricondurre il sogno
a camminare sulla terra,
tagliare paziente
un vestito di circostanza
ad un’angelica immanenza.

Giaccio secretato
in fondo ad un pozzo,
viscide pareti
divorano falangi
ansiose di superficie.

Risalirò, certo,
perché cosciente
che tutto accade
perché niente accada
per caso o per sventura

e il sole mi attende
caldo, ansioso,
sull’orlo del pozzo.

Due diversi modi per finire

Due diversi modi per scrivere la parola fine di una storia.
Due diverse autrici che hanno immaginato l'epilogo.
La prima tenera, pacata, consapevole del rispetto e della profondità verso un rapporto sano e importante nella vita di due persone.
La seconda rabbiosa, vendicativa, acrimoniosa, presa dalla coscienza che è stato tutto un raggiro dal quale se ne è usciti martoriati e trasformati dentro.
Ognuno scelga quella che più gli/le si confà.

Erano specchi l’uno dell’altra.
Erano anime destinate a rimanere in risonanza,
come particelle di luce nate nello stesso istante,
in comunicazione continua anche ai capi opposti dell’universo.
In un tempo giusto si erano guardati, riconosciuti, amati.
Poi si erano inflitti dolore,
anche se questa era l’ultima cosa che avrebbero voluto fare.
Erano caduti e si erano rialzati,
illuminati dalla luce della consapevolezza.
Avevano sbagliato tutto nel momento giusto,
perché li attendeva un altro tempo.
Così avevano deciso i loro cuori, le loro anime,
che avevano scelto per loro,
un percorso a lungo impenetrabile alla loro ragione,
perché tutto potesse essere salvato.
Si specchiarono un’ultima volta l’un nell'altro,
si sorrisero, si posero l’un l’altro una mano sul cuore,
si guardarono negli occhi,
chinarono il capo in segno di rispetto,
si voltarono le spalle,
per intraprendere ognuno il proprio cammino.
Si sarebbero incontrati di nuovo, prima o poi,
verso la linea dell’orizzonte,
perché erano semicerchi dello stesso cerchio.
Li attendeva uno scoglio di fronte al mare,
sul quale sedersi l’uno accanto all'altro,
per ammirare il sole sulla linea dell’orizzonte.
Si sarebbero detti:
“Grazie per essere stato nella mia vita,
perché attraverso i tuoi occhi ho riconosciuto me stesso
e ho sentito, ho capito veramente cosa sia l’amore.”
O forse si sarebbero detti:
“Le tue sono le uniche braccia nelle quali mi sento a casa,
e tra le quali voglio vivere finché si sarà consumato l’ultimo tempo.”
Si sarebbero regalati un’alba o un tramonto,
meravigliosi entrambi.
Per un giorno o per una vita,
comunque per sempre.

Maria Letizia Del Zompo

La bestia si nutre di te, ti cerca,
Ti blandisce con infinite moine
Mentre con l’anima sporca tenta
Di mostrarsi nobile e fine.

Seduce, pensando che chi le piace
Ai suoi sordidi istinti obbedisca
Dice di molti i segreti e altro sottace
Dipinge un mondo ingiusto,
il vittimismo è la sua esca.

Se scopri il suo intento si svela
Ruggisce sguaiata e volgare
E la sua vera natura rivela
Di belva incapace di amare.

Appare chiaro a quel punto
Che non è casuale solitudine
Definirla Incompresa è un assurdo
Malata semmai
d’incurabile ingratitudine.

Vorace di mille attenzioni
Solo così il suo appetito lei placa
Non tollera dissensi e obiezioni
O l'altrui brillare
che d'invidia la rende ubriaca.

All'altare del suo Ego smisurato
Si consuma un perpetuo sacrificio
Eppur sembra esagerato
Tanto abile è il suo losco artificio.

Sono serpi nascoste tra le pietre
Sono anime perverse, sanguisughe
Sconfitte ed infelici in vite tetre
Traviate megere
impastate di bile e di rughe.

Olga De Bei

3.8.20

Strada smarrita



Un giorno qualcuno ti chiederà
di vedere il luogo più spettacolare
e romantico di Monopoli.
E tu risponderai:
"Ho perso la strada per arrivarci".

Trasfigurazione


L’odio che rumina
dentro di noi
anime sensibili
ci violenta estatico
le zone più vili

percuote ventricoli
ci stende pensieri
nudi soggiogati
su un letto di chiodi

più non governiamo
i nostri impulsi
vibranti al naturale
sulle corde dell’amore.

Scongiuro si allontani presto
questo specchio di me.

La passeggiata insieme all’ombra


Quella sera la luna si appoggiava al mare con una presunzione regale. Lui camminava a piedi scalzi su una battigia sfregiata da alghe e licheni. Mani in tasca fissava un Punto indefinito lì davanti, tanto per darsi un traguardo. La sua ombra a lato saltellava indispettita, come se volesse godersi, invece, l’argento in calma assoluta. Ad ogni passo si sentiva rincorso da dei “perché” che mulinavano nella sua testa come riflessi alcolici senza controllo. Perché. E soprattutto si chiedeva come era iniziato tutto. Come mai la vita in uno dei suoi snodi imperscrutabili aveva messo in scena un incontro tanto speciale quanto incomprensibile. E poi avesse presentato il conto. La luna, di solito viene ritenuta incapace di rispondere ai miliardi di domande che le vengono poste dai microscopici e complicati abitanti di questo sistema solare. Ma lui sperava che accadesse. Ogni tanto distaccava lo sguardo dal suo Punto d’arrivo e si faceva abbagliare da quel bagliore surreale. Ma la luna taceva. Come il silenzio che dominava la sua vita. Per quei strani contrappassi che suggellano i momenti topici di un’esistenza, era diventato uno scrittore indefesso. Scrivendo parlava all’etere, agli dei dell’Arte, al Se stesso incompiuto, al concerto meraviglioso della Natura, svilito da un’umanità atrocemente imbastardita. E se riceveva risposte, le teneva gelosamente chiuse in quel cassetto segreto che ognuno di noi ha costruito in fondo alla spirale che conduce all’anima. Pensò a suo padre e di quanto gli fosse grato per quel modo di guardare l’Universo dentro sè stesso. E, come gli capitava spesso da qualche tempo, concluse che se le sue cicatrici non fossero mai comparse, probabilmente non starebbe ora su una spiaggia deserta a parlare con la Luna. Ed era un privilegio non da tutti. Fece ancora qualche passo. Aveva raggiunto il Punto. La sua ombra si sedette esausta. Lui alzò un dito al cielo e mormorò solo una parola: “Grazie”.

Il Dio del mare


Oggi mentre nuotavo il Dio del mare si è alzato a cavallo delle onde e mi ha guardato in tralice.
Ho avuto timore mi volesse tirar giù con lui, banchetto di crostacei.
“Cosa mi succederà” - ho chiesto.
“Nulla, sono solo curioso e un po’ offeso. Come mai sei tornato da me? Pensavo di non rivederti più...”
“Ecco...” - ho incominciato.
“BASTA COSÌ. Ho capito tutto. Un altro fanatico dell’autoinfliggimento. Oh poveri noi!! Ogni tanto me ne capita a tiro uno di voi pazzi scatenati! E tutte le volte tornate da me con la coda fra le gambe! Siete ridicoli!”
“Be veramente...”
“SHHHHH! Silenzio! E ascoltami bene: io sono una forza della natura e sono anche una delle più belle cose in Natura. Se sei tornato da me è perché il tuo cuore gentile è stato martoriato e ora vuole riempirsi di sangue rosso vivo, ascoltando i miei rumori, respirando i miei aromi salmastri, perché aspiri libertà, gioia, forza interiore, amore per la vita. Amore si. Io sono anche amore, anche se molti tuoi simili mi riempiono di immondizia. Io curo questo pianeta da miliardi di anni e pochi mi ringraziano per quello che faccio. Se non è amore questo? Perciò, coraggio. Bentornato, non mi lasciare mai più, compreso?”
Attonito resto in silenzio.
Riprendo la mia nuotata.
Verso un nuovo sole.

2.8.20

Timori


Temo il narcotico
esilio di palpiti d’ali
un cuore smarrito
fra le tenebre dei dubbi
che - affilati dal dolore -
squarcino lembi
di nuda follia.

Temo il forzato
serrare le fila dei sogni
un’anima trasfigurata
dalla catena della ragione
che - corazzata di senso -
vaghi allibita
tra lustrini e vacuità.

Temo infine la resa
incondizionata, rovinosa
ad un pallido vergare,
equilibrismi scontati,
aridi saccheggi
di polvere poetica
rinunciando alla scoperta
della forma vera delle stelle.

Tu Luna


Tu Luna
che mi sorprendi
in uno scorcio di pensieri
tribolati dai tramonti estivi

di una vita che pensavo
di meritare diversa
ma che pure è figlia
di questo scorbutico Occidente
di questa Indifferenza Globale

dove ogni nostra sofferenza
è ben poca cosa
spicciola irrisoria
al cospetto dell’orrore
che scorre ai nostri lati.

Tu Luna
perdonami a volte
questo stupido egoismo
che nasconde la bellezza
del tuo volto amorevole
sul mio orizzonte.