Le tue impronte mute
serpeggiano il presentesospeso candelabro vittoriano
impolverato d’assurdo
orlato di gemme nere
una ogni scavo
della mia fragilità.
Incandescenti marchi
ledono epidermidi avvizzite
dove hai lasciato
sogni di cartone accatastati
confusione di voglie
irriverenti fobie.
Ogni tanto pesco un ricordo
seppellito di banalità:
riluce di vita propria
rimbalza in primo piano
tra schizzi di domande
enfasi incancrenita.
Ho spalancato la gabbia
del mastino feroce,
bloccato con due tufi
la tentazione dell’oblio:
per ora attingo vorace
alla fonte del rancore.
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