16 febbraio 2013

Fallimento di un papato.



In questi giorni, succedutisi all’annuncio delle dimissioni di papa Ratzinger, le parole più usate da commentatori di varia estrazione e professione, tralasciando le banalizzazioni degli esponenti politici, sono state “umiltà”, “coraggio”, “estremo atto d’amore” e quant’altro. Alcuni, leggo, attribuiscono al pontefice solo una leggera “dislessia” comunicativa. Pochi hanno utilizzato l’unica parola che fotografa miseramente questo periodo trascorso al governo della Chiesa: fallimento. Ratzinger non solo ha lasciato irrisolti tutti i problemi lasciati sul tappeto alla scomparsa del suo predecessore, ma, paradossalmente, li ha complicati ulteriormente, esasperando contrasti e dissapori interni ed esterni alla Chiesa, seminando l’impressione che di lui si potesse tranquillamente fare a meno, considerata la sua presenza arroccata su posizioni reazionarie e, in alcuni casi, evanescente. La Chiesa aveva impiegato 400 anni per cercare di imboccare una svolta epocale con la convocazione del Concilio Vaticano II. Purtroppo papa Giovanni XXIII è scomparso prima di riuscire a pilotarne l’effettiva applicazione e da allora è iniziata una sapiente e certosina opera di smontaggio che ha avuto il suo culmine con Benedetto XVI che, già in precedenza da capo del S.Uffizio, e poi dal soglio pontificio, è tornato a concezioni e impostazioni da concilio tridentino, datate 1564. In questi otto anni sono stati scagliati anatemi contro qualunque voce dissidente o d'intendimento rinnovatore. Sono stati riallacciati i rapporti con gli scismatici lefebvriani, rigenerandone la reputazione all’interno della comunità ecclesiale e così facendo ci si è inimicati i più fedeli difensori delle tesi conciliari. Sono state bypassate tutte le novità più interessanti che provenivano dal Concilio, come il dialogo con le altre fedi, l’antisemitismo, il superamento delle liturgie preconciliari ecc. Sono stati scontentati gli ebrei rinfacciando loro la cecità rispetto alla venuta di Cristo e con la riabilitazione del vescovo negazionista Williamson. L’Islam è ritornato ad essere definito dalle parole bizantine: “Mostrami pure ciò che Maometto ha portato di nuovo, e vi troverai soltanto delle cose cattive e disumane“, e non dall’ammissione conciliare che altre fedi possono contenere “semi di verità”. Quando Ratzinger si insediò accennò alla presenza di “sporcizia nella Chiesa”, concetto riecheggiato nella frase sul suo “volto deturpato”. Forse si riferiva ai peccati della Chiesa, morali e finanziari. Ha reclamato la dura condanna degli abusi sessuali commessi da religiosi, vincolandoli ad auto-denunciarsi, senza però far seguito con l’obbligo per i vescovi di rivelare i reati di cui avessero notizia. E le denunce inevase che dovessero esistere negli archivi delle diocesi? I casi di vittime rimaste anonime potrebbero essere numerosissimi. Vogliamo parlare dello IOR e della persistente impunità che copre le operazioni di questo braccio armato della finanza, coperto dal crocifisso? L’organismo creato (Autorità di Informazione Finanziaria) per sovrintendere a tutte le transazioni della santa Sede è stato reso subito parzialmente inoffensivo dalle modifiche intervenute da parte del cardinal Bertone. Il Consiglio d'Europa ha infatti invitato “la Santa Sede a rafforzare il proprio regime di vigilanza». (Cfr. rapporto Moneyval del luglio 2012). Forse la “sporcizia” si riferiva ai temi della morale sessuale e della bioetica? Qui siamo tornati a Paolo III. Rapporti pre-matrimoniali, omosessualità, contraccettivi (ricordiamo lo scivolone sull’uso del preservativo), sacerdozio femminile, matrimonio dei preti, comunione ai divorziati, persino la masturbazione negli adolescenti, fecondazione assistita, eutanasia: tutti rigorosamente bollati come peccato o eterodossia, senza l’ombra di una benché minima concessione di un dialogo. Fatto sta che tutti questi comportamenti anziché far diminuire la “sporcizia”, in otto anni l’hanno fatta proliferare. I teologi si smarcano, le vocazioni in Europa calano vistosamente, gli scandali costellano la cronaca vaticana, la rigida precettistica viene dai più ignorata. A chiudere il cerchio, la scoperta di avere accanto maggiordomi e collaboratori pronti a tradirlo. Umiltà, coraggio, atto d’amore. Forse si. Ma anche un’ammissione storicamente irrefutabile.

1 commento:

  1. Riflessione lucida e intellettualmente libera.
    Bravo Ferruccio
    Angelo

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