14 gennaio 2022

Presentazione di "Dissonanti sinapsi" - Biblioteca Rendella - Recensione Lorenzo Di Bello



Ferruccio, che io conosco dall’infanzia e con cui sono cresciuto, ha avuto la fortuna di avere due straordinari genitori: sua madre Gemma e suo padre Remigio.
Gemma, una donna che Ferruccio celebra e descrive pubblicamente come donna coraggiosa, dal carattere forte e con animo nobile e spirito antifascista nei versi, non compresi in Dissonanti Sinapsi, "C’era la guerra / c’erano le bombe/ poco più che ragazzina/ hai salvato tanti soldati/gli hai portato vestiti, pane, acqua/ li hai nascosti / li hai protetti/ …… mi hai donato la vita/ mi hai donato la tua forza/ ……grande donna, grande anima".
Remigio, il padre Professore, Avvocato, Sindaco di Monopoli, letterato e apprezzato Poeta. Due genitori che risultano essere stati protagonisti della storia democratica della ricostruzione post bellica della nostra Monopoli.
Ferruccio ha sempre vissuto nella sua Monopoli tranne gli anni di studio a Siena per il corso di laurea all’università, per cui è senza dubbio un Monopolitano verace.
La raccolta Dissonanti Sinapsi è stata elaborata nel corso degli ultimi dieci anni, nella piena sua maturità, con sincera onestà intellettuale e morale.
Affascina e coinvolge da subito il lettore che agevolmente senza sforzo si accorge in un crescendo boleriano della autenticità e della originalità del suo pensiero e della sua filosofia sottesa in ogni verso.
La sua è essenzialmente poesia passionale e di speranza in un sempre migliore esito delle umane sorti e progressive, ed alcuni versi in particolare sono emblematici e significativi che mi piace richiamare tra questi:
In IL TRAPEZISTA pag. 13: “…sono pronto mi lancio con te nell’infinito amico trapezio ignaro del mio folle desiderio” che ricorda l’uomo sul filo del padre Remigio.
In DISSONANTI SINAPSI pag. 53: “la notte farfuglia blesa, sminuzzata sotto estranee coltri balbetto inerme scriccioli d’ansia”.
In LA MIA ULTIMA NOTTE CON TE pag. 52 dove la notte ha tirato il sipario sulla scena del poeta: "ora il proscenio attende l’ingresso della vita”.
Ma con una totale voglia, forza e interesse a riprendere all’alba il suo percorso in L’ULTIMA POESIA pag. 39:   “Quando scriverò l’ultima poesia non lo saprai ma te la canterò per sempre all’alba di un sole malato radioso di piattezza grigia”.
Per ritrovare luce in ESISTE UN LUOGO pag. 73: "non rassegnandosi al buio incendiandosi e ardendo di piombo fuso squarciando le vene donando passione e piacere fino all’ultimo sussulto”.
E Ferruccio non delude nel volersi esprimere senza riserve intero, integro e ignudo.
Ciò rileva una ricerca di affermazione di libertà che trasuda nei versi e presidia la sua esistenza di uomo e di poeta libero da infingimenti e contaminazioni dell’etica perbenista, e senza il timore di urtare la suscettibilità del potere costituito.
Lontano da Ferruccio è il bisogno di fede nell’assoluto come di lanciare superiori ed estremi messaggi filosofici e meno che mai operare un sindacato verso i limiti della società.
Le sue osservazioni sulla finitezza dell’uomo e di sé stesso sono protese a cogliere i limiti dell’esistenza con uno slancio verso l’ALTRO con cui non vi è soltanto il comune dannato destino da vivere, ma una visione onirica con una linfa speranzosa e ottimistica per il futuro del mondo.
La sua poesia è foriera di una sconvolgente rappresentazione poeticamente ed efficacemente direi su/realistica che viene ad emergere con tutta la forza dell’anima e delle esperienze vissute.
Una poesia non ermetica ma più vicina al surrealismo e nella quale l’aspetto fondamentale del suo pensiero è dato dal trasformare l’uomo e il mondo in uno slancio centripeto verso la progressiva offerta di umanità e nel sentimento catalizzatore della fraternità umana con una pelvica e sotterranea vena di ricerca per la conservazione dei valori nel confronto con la donna complice.
Ferruccio che ha avuto un destino maschio con un fratello Furio e due figli maschi, Remigio e Valerio, riesce ad esprimere una costante lucida capacità di comprendere la forza della donna quale rappresentante dell’amore universale e complice femminile nella ricerca delle risposte da dare con i suoi versi.
I suoi versi che si sviluppano come lampi illuminanti nella escatologica corrispondenza costante con una LEI quale compagna di viaggio e complice rassicurante per la sua esistenza, ma invero, sottacciono una evidente finzione. Infatti, non è la donna (il mondo femminile) ma la realtà sociale e le vicende e i sentimenti comuni che rappresentano la ragione dei suoi pensieri. Ciò attraverso immagini in cui vengono figurati, sebbene in formato dialogante e nel confronto con l’ALTRA, trasmodanti visioni persino cosmiche dove trovare soluzioni e risposte. La donna viene raffigurata nella femmina-natura, in colei che nelle sue ardenti contraddizioni raduna in sè e concilia ogni aspetto della vita cosmica.
E tale obiettivo viene perseguito con i logos delle libere sequenze strofiche della corrente inesauribile delle immagini della Sua poesia al fine di rendere la trama delle immagini composita ed assicurare un giusto risalto delle singole immagini. Egli si pone il problema della punteggiatura la cui tendenza è a limitarne decisamente l’uso per garantire il tono e la durata della pronuncia nel susseguirsi di immagini/universo che vengono costantemente utilizzate.
Il tono della ricerca intorno e dentro di sé, tra cui il mare/terra/cosmo che Lui solca per conoscerli e consegnarceli, lo conduce a cogliere proprie profonde risposte rassegnate nel pensiero districato e liberato dai guazzabugli della mente e dalla lucida vivisezione delle realtà circostanti del mondo.
E il suo approccio è sempre permeato da un animo laico distante dai tradizionali moralismi, con una spinta ad una ricerca costante di condivisione dei sentimenti di solidarietà e delle condizioni di vita altrui, delle passioni della vita e del piacere del comune vivere, sinanco diventando poesia sociale e civile con un pensiero rivolto ai mali del mondo.
E ci consegna immagini a spron battuto ma con sempre lievi soffici baci sulla fronte e strette al cuore per il lettore, confermandoci che il poeta è colui che ispira più che colui che è ispirato.
E per ispirare Lui ha dovuto digerire l’abbondanza dei grandi tra cui sicuramente: Rimbaud, Baudelaire, Prevert, Eluard, Borges, Lorca, Eliot, Pavese, Montale, Pasolini e Alda Merini cui riserva una poesia ai quali non ha rubato niente, ma che nei rivoli dei suoi versi li ritroviamo mescolati magicamente.
Ma a ben vedere si tratta di una poesia che è intrisa nello stesso tempo di chi canta amandoli i grandi cantautori: Dalla cui è dedicata una poesia, Battiato, Guccini, De Andrè, Venditti, De Gregori, ecc. con le cui loro immagini lui ha convissuto senza mai rimuoverle dal cuore.
A ciò si aggiunge la sua passione per la cinematografia e l’arte pittorica.
Ci perviene una poesia che sviluppa non l’insieme “dorsale” dei grandi maestri ma diagrammi che raggiungono un punto di equilibrio sempre nuovo, non solo musicale e non solo sensazionale per la maestria dei versi, ma per la perforante forza e instancabile attenzione delle Sue riflessioni che ad esempio ritroviamo:
In PERCEZIONI DEL NULLA pag. 113:  “Cerco di galleggiare in oceani di rabbia mi chiedo il senso se ci sia un dunque al termine del dolore”
In STORIA D’INVERNO pag. 35:  “Quando si nasce è come un miracolo che portiamo dentro …il miracolo viaggerà lieviterà e inietteremo linfa vitale a chi la sta perdendo …”.
In PERTUGIO pag. 106:  “Ma salgo cado risalgo presto la luce ferirà un pertugio resiliente spaccato sul tramonto e mi fermerò assorto a rimirare gioia”.
In IL CAMPO DEI MERLI pag. 99:   “Signore libera questo cielo sanguigno che vomita fuoco e morte quaggiù nel campo dei Merli dove i merli non fischiano più”.
In FEMMINICIDIO pag. 93 “Solo tu donna di strada indosserai quei versi carezze di sole intoccabile al mondo”.
Lui ricerca le proprie guide virgiliane con la coscienza e consapevolezza della conoscenza e maturità delle idee e dei valori di riferimento di un maturo ancorchè incontaminato ed entusiasta poeta. E ciò lascia il segno di come si dovrebbe vivere la poesia: con sforzo, con impegno per profonde riflessioni per accarezzare non tanto e non solo l’orecchio ma l’anima e l’intelletto.
Ferruccio si rappresenta (e non da solo) in un pozzo senza fondo di sensazioni, emozioni e riflessioni che lo rendono poeta del suo tempo ma soprattutto poeta amico e non poeta vate, in un modello concettuale e poetico verso un meglio che deve ancora venire, sia che si è in due o sia che sia un esercito a condividere l’attesa del sogno comune.
E tali sono la Speranza di passione e la condivisione di vita:
in INFERNO di CATARSI pag. 58: “perdendomi con garbo nel tuo labirinto di passione amando la tua profondità sciogliendomi esausto nella tua totalità…Che cos’è la felicità se non trovarsi in cima al poggiolo del tempo che ferino incalza e tracima ipnotica ambrosia essenza globale di te”.
“Ombra che viaggia sui treni del tempo nella speranza di buona vita ovunque sia la tua stazione…” in BINARIO MORTO pag. 70.
E la potenza espressiva e per immagine dei suoi logos tra cui il MARE e il MAESTRALE quale altra significativa costante nelle poesie:
In MAESTRALE pag. 69: “Portami sul dorso del senso fugace rigenera smorte cellule alzami benigno in cima al destino”.
In L’INCROCIO DI DUE FIAMMELLE pag. 74:  “La chiave del mio destino affidata al maestrale e chi la raccoglierà…offrendosi alla mia tenerezza cibandosi della mia passione.”
In IL NOSTRO MARE pag. 83: “stretto in mezzo a due braccia i vecchi conoscono i capricci del mare…Accende e spegne rosso e verde…ma quanti soli devono ancora tramontare?”.
In LA PENTIMA pag. 86: “Ansa del mio letargo nicchia della memoria serva delle stagioni puntuale sentinella frantumi l’orgoglio e Noi ignavi schegge brulicanti nell’infinito”.
In ONDINE IL SEGRETO DEL MARE pag. 25 dove in forza di una rete che ha ghermito cellule pulsanti si stagliano “specie diverse simbiotici DNA alieni e terrestri destinati a soffrire irrazionalmente uniti” .
In SINFONIA DI MAREE pag. 63: “Rimbalza l’onda spargendo sale si ritira in disordine sparso mentre una lama mi percuote…ma scivola sui vuoti disincanti del tempo”.
In IL PESCATORE STANCO pag. 124: “Il pescatore è fermo statutario nel cipiglio domatore di nodi fra marosi mai domati….Il pescatore piange lacrime di velluto ago e filo, polso fermo rammenda la paranza assiso sulla poppa guarda la sua stella ma non le sue mani”.
Emerge evidente dai versi non un semplice osservatore proiettato su se stesso ma un viaggiatore del mondo che immette nelle sue liriche la SUA vita vissuta.
Ferruccio ha trovato in sé e coltivato un pensiero libero e uno stile del tutto personale ed originale non assimilabile a nessun maestro in particolare, e ciò non è cosa da poco.
Ferruccio non vuol fare mai pace nè con stesso e nè accattivarsi il lettore e nè i suoi compagni che ha incontrato nel suo viaggio.
Non cerca facili acclamazioni sul proscenio delle allitterazioni, rime, sinestesie e immagini fantastiche.
Il suo pensiero è proteso ad escludere proprio l’Io esteriore dell’autore e quelli propri della gran parte della sempre presente ipocrita e falsa società protesa verso i soli bisogni materiali ovvero di quella intrisa di post e like.
Per questo e per altro verso si sforza di salvificare le stabili relazioni assunte con impegno e nel rispetto dei valori di chi lo circonda e che lo riconcilia con se stesso e il mondo. Con coloro che sanno affrancarsi dalla omologazione nella consapevolezza della messa in discussione delle proprie certezze per cogliere l’essenza della saggia riproduzione di sè stessi in altri ambiti di rigenerazione.
Ferruccio appartiene alla sua terra alla sua famiglia e ai suoi amici e ciò lo porta con sé e dentro di sè con la solitudine, la rabbia, le incomprensioni, ma senza moralismi e esogene censure con una elaborazione sulla via che conduce "dall’aorta all’intenzione" (per dirla con De Andrè).
Il suo percorso lo porta alla conferma dei valori della cultura di sinistra a cui appartiene, ma che invero ed in sostanza riecheggiano gli stessi valori solidi dei suoi genitori. A partire dalla madre e non solo dal padre, con il cui mito sicuramente si confronta e a cui gli altri lo confrontano.
E dopo tanto peregrinare nelle strade della rabbia, dell’insofferenza per i mali del mondo e da sè stesso subiti e della speranza, con una identità diversa di chi da sempre ha circumnavigato le sfere dei gironi dell’essenza/esistenza, FA RITORNO A CASA, attraverso le strade passate e future:
“La strada delle ginestre è la strada della vita tante svolte alla fine una retta che prende per mano e conduce a casa” in LA STRADA DELLE GINESTRE. pagg. 89-90.
E forse perché vi è sempre la necessità di fare i conti con il passato: “Questo passato che non passa! …questo passato che fuma menzogna” in L’IRROMPERE DEL DIAVOLO pag. 117.
“Alziamo gli occhi oltre l’orizzonte finito insulso tramestio di un calpestato presente”. In CIECHI RIFLESSI pag. 116.
“Quel dolce ritornare dei padri nei figli …” (di Pasoliniana memoria) è quello che Ferruccio può dire di aver vissuto pienamente, il ritorno al suo amato padre di cui è orgoglioso, e come potrebbe non esserlo. Lui ha cercato e trovato sé stesso con profondo e sincero sforzo di unicità regalandosi a noi lettori che non possiamo che apprezzarlo.
E la sua voglia eclettica e totale di affrontare le più svariate problematiche con una poesia civile, con un pensare laico senza ricerca di assoluti superiori al di sopra dell’umana specie, e dove è la realtà dell’esistenza, pur protesa al sogno e alla speranza, a sprigionare senza riserve i conflitti aspri dell’esistenza, e che ci consegna uno dei figli migliore della Sua terra e di cui il padre Remigio ne andrà sicuramente fiero.

Grazie Ferruccio.

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