7.7.20

Tramonto da me


Quando negli estivi crepuscoli 
il sole sanguina cadente
mi reco lì dove il dolore
si mesce d’azzurro sconfitto
mi chino col rosso
aguzzo l’udito
se, al caso,
l’immenso infinito della notte
alfine mi darà retta
rivelando il mistero
del tuo tramonto da me.

Ho inciampato sulla tua anima


Ho inciampato 
sulla tua anima
calpestando un sogno
i tuoi frammenti
sotto un terreno brullo

le mie lacrime costanti
le tue esili radici
il tuo fiorire
indifferente al mio pianto.

Offrirmi al volo
nuovamente
in un cielo di passione
smentire l’acido sapore
dell’incolore assuefazione

che sia l’impossibile
la mia azzurra mèta
incontriamoci lassù
dove fanno l’amore
gli angeli.

L'ombra di te


L’aria 
rassodata da frange
rubino screziato d’avorio
contiene refoli di te
resilienti tenaci
aggrappati ad uno sbavo
di tempo soffuso

l’ombra di te
emerge dal cerchio
paludato dove stremato
argino il dolore.

Ho la proiezione
del tuo volto
sul soffitto dorato
del mio tempo vuoto
accarezzo i tuoi capelli
brivido divino

non sei mai andata via
popoli le mie notti
canti le serenate
del mio perenne inverno

bacio la tua ombra
mia unica scialuppa
nel naufragio della vita.

Esiste un luogo

Esiste un luogo
dove il polline
dei miei pensieri
si accoccola esausto
sparge onde
ubriache di nettare
intinge armonici colori
dalla sensuale tavolozza
della tua anima nuda.

Nelle notti acide
dove sudore e lacrime
miscelate di grigiore
premono sul torace asperso 
scavando fosse d’ansia

non mi rassegno al buio
voglio incendiarmi ancora
ardere di piombo fuso
squarciare le vene
donare passione e piacere
fino all’ultimo sussulto.

Lascio scorrere


Lascio scorrere 
 - indolente alchimia -
la freschezza
della tua fonte di sole
quando mi cerchi
dietro l’angolo della tristezza
con la delicatezza
di un volo di farfalla
quando mi pensi
(se mi pensi)
iniettando nettare vitale
nei miei sensi sfocati.

In circolo
prigionieri di amorfi
ghirigori
i miei pensieri
estenuati giacciono
intorno ad un’assenza:
mi manca il tuo battito di ciglia
il tuo indice sul tasto del cuore
il tuo leggermi sottovoce.

Decollo e rendez-vous


Manca poco 
il countdown scandisce
posticce pause di suspense
nell’aria trucioli di benzene
cenere di vento

ecco sibili di scintilla
rombo di turbine
ruggito di presunzione
punto l’azzurro

mi slancio imponente
un tuffo nel mistero
un aggancio di follia
navicella di speranze

seguimi se vuoi
compagna interstellare
dammi la mano
tracciamo orbite sognanti
diamanti purissimi
brilleremo in eterno.

Una donna sa


Una donna sa 
come tenerti appeso
ad un filo di rosa

come innalzarti
e rotolarti
giostra di vertigini

come prenderti in sella
al galoppo
verso il paradiso

come alzare una corazza
alle ingiurie del volgo

come brillare sublime
stella polare.

4.7.20

Assetato di luce

Attendo
lo sfiorarmi di luna
più in alto del gemito
che dal basso ghermisce

osservo
la danza delle stelle
il bacio dei pianeti
incollati all’iride

assorbo
salvifiche vibrazioni
pronto al balzo
assetato di luce.

Formicolar di sogni

Viviamo
arrotolati a un senso
logoro scontato
trascinando ciarpame
che ci sbreccia la schiena
inseguendo miraggi
beffarde trottole.

Ma quel lontano scintillio
(forse) è solo formicolar di sogni
ma ci riporta a galla
gonfia aneliti di candore puro
e ci racconta un nuovo giorno.

Dirupi d'amore


Lenti
emaciati
inciampando
roggie di lacrime
raschiando
rantoli di sogno
tuttavia
restiamo
tutt’uno con la vita
le braccia sospese
su dirupi d’amore
pronti
a precipitare
in folli desideri.

La sera del poeta


La sera
attraverso un ponte di stelle
sostenuto da filari di comete
oltrepasso la linea dei poli
scavalco i crateri lunari
danzo fra gli anelli di Saturno
perché il poeta
non ha gravità
fardelli o bagagli
ha il cuore sempre in viaggio
sulla rotta del sogno.

L'incrocio di due fiammelle


Un giorno
incendiasti la via
dei miei insipidi passi
eri luce ovunque
passeggiavo nella tua scia.

Poi ti spegnesti
candela incappucciata
e mi travolse il buio.

Ho attraversato le sponde
in un ghiaccio mattino
valigia colma
di tesori incartati.

Ora cerco un’anima
all’incrocio di due fiammelle
la chiave del mio destino
affidata al Maestrale
soffiata tra valli e cascate.

Chi la raccoglierà
libererà il mio spirito
accasciato fra le dune
offrendosi alla mia tenerezza
cibandosi della mia passione.

Due labbra


Due labbra
che s’incontrano
ad un incrocio di stelle

due curve di pelle
che volano
e ballano allacciate

due avidità di sogno
che salutano il tempo
e viaggiano per sempre.

Please forgive me (*)


Mi hai incontrato in volo
ci siamo bloccati in aria
ci siamo annusati
abbiamo volteggiato
intorno ai nostri nidi
soffiato sulle nostre paure

“please forgive me”

poi le nostre ali
si sono intrecciate
io non sapevo di averle
tu non sapevi usarle
abbiamo fatto girotondi
stupiti da tanto cielo

“please forgive me”

e il mare il sole le stelle
e tutte le altre anime volanti
hanno preso a cantare
e viaggiavamo rotolando
inciampando negli arcobaleni

“please forgive me”

perché mi hai lasciato la mano?
perché ti ho mollato il cuore?
attenta precipitiamo!
ma il mio sogno è restato lassù
inchiodato tra cornici di nuvole

“please forgive me”

ho perso il tuo punto d’impatto
sorvolo i tuoi pensieri
accetto i tuoi rimbrotti
il mio sogno è restato lassù
incrostato tra rami di nuvole

“please forgive me”
“please forgive me”

il mio eterno ritornello.

(*) cit. Bryan Adams

L'irrompere del Diavolo


Porterò
ancora le mie spalle
ad anchilosare la notte
sfregia di stimmate
monca d’argine al desiderio

cingerò
di coltelli acuminati
la cintura del supplizio
e mi specchierò di sangue
colato in ordine seriale

verserò olio incandescente
sulle vesciche del passato

questo passato che non passa

sdraiato su odio salottiero
azzoppato da fughe verticali

questo passato che fuma menzogna.

Fermo nel tramonto


Nel mio cantuccio di Paradiso
scocca l’ora dei grilli
mentre le tortore assonnano
il loro cadenzato vociferare
le lucciole sfregano le alette
e la civetta smaltisce il suo torpore
tra poco gutturale s’alzerà.

Il cielo timido rossastro
s’inchina devoto
alla Principessa del tramonto:
quella Venere impertinente
sensuale nel suo nudo biancore
fosforo e diamante grezzo
anfitriona del peccato
scacciata solo dall’urlo
che l’Amore sprigiona
alla Luna Universale.

M’inchino anche io
di fronte alla roulette
che la Natura stabilisce
su di Noi oltre Noi
non ponendomi più quesiti
che l’umana sorte non risolve.

Mi taccio e si taccia il mio cuore
che palpita sovente
oltre le mura del visibile
sfiorando la coda del destino.

Rialzarsi, sempre.


In uno scorcio
d'intimo connubio
pianeti genuflessi
al cospetto dell'ignoto
rimbalzano senza volto
distesi sull'orizzonte vitreo
mentre lacrime circolari
avvolgono l'etere.

Non scorgo segnali
disegnati sul viso
di plumbee ninfee.

Allora virerò deciso
su mari incantati
dove follie di arcobaleni
orleranno il mio volo radente.

21.6.20

Sarah Hijazi


Sarah Hijazi morta suicida in Canada, dove aveva trovato asilo dopo mesi di prigione in Egitto, torturata e violentata. 

Cit. Venditti

Sarah
svegliati è primavera
le nuvole fuggono via
le rondini ridono nel vento
piove solo libertà.

Sarah
corri è primavera
puoi garrire la tua bandiera
nessuno ti farà del male
nessuno prenderà il tuo cuore.

Sarah
vola è primavera
abbraccia il cielo azzurro
sei sopra tutti noi
non hai più confini.

Sarah
non esiste più paura
cavalchi il sorriso
di tutte le donne

ti sei svegliata
al ritorno della primavera.

Ciechi riflessi


Mi leggo
riflesso invisibile
ipotesi d’esistenza
in un metro quadrato
ispessito di vuoto.

Fissavo l’aura virtuale
di un abbozzo strisciante
afferrato a spigoli
meno aguzzi del silenzio.

Accecato e riverso
non guardavo distratto
oltre l’infranto embrione
che dal nulla risale.

C’infiamma perenne
occluso alle spalle
un sole di speranza:

alziamo gli occhi
oltre l’orizzonte finito
insulso tramestio
di un calpestato presente.

In ricordo di Zohra


In ricordo di Zohra bambina pakistana uccisa dai suoi "padroni" per aver fatto fuggire due pappagalli.


Zohra
eri tu
in quella gabbia
cuore sigillato
palpitavi
effluvi multicolori
il capino inarcato
danzavi alla luce

era l’unico gioco
dei tuoi giorni di bimba
strappata all’innocenza

ti sei spalancata
al sogno
di volare fuori
pensavi di trovare
quell’inizio che hai saltato
la bambola mai pettinata
il pallone mai calciato
la mamma mai abbracciata
il papà mai coccolato

c’era il mostro fuori
che ti ha strozzato
la vita in faccia.

Il privilegio del volo


Abito
in uno scorcio di sogni
dove corrono
selvaggi e maestosi
desideri argentini
si avvitano spirali
di palpiti eburnei
dove invoco sospiri
scagliati sul mare

non mi occorre rullare
per incalzare i venti
percorro l’orizzonte
raggranello silente
scampoli d’estasi.

‪A passo d’ali‬
‪aggrovigliato‬
‪in un buio friabile‬
‪accedo ad altezze‬
‪dove il tuo viso‬
‪è concerto di nuvole‬
‪e gorgheggia‬
‪il mio silenzio‬

avanzo rapito‬
‪perdendomi‬
‪nella tua infinità.‬

Spazi d'infinito


Frugare
dietro gli spigoli
di un dolore frusto
accecando sbalzi
d’impalpabile silenzio

svuotare
recipienti d’ombre
invocando maree
d’insondabile nonsenso

accogliere
abbracci d’infinito
cantando sospiri
d’indicibile ebbrezza.

A passo di danza


A passo di danza
scavalco il destino
non mi servono sfide
ma la leggiadria del volo

fatti fummo per puntare il sole
ma ignari scrutiamo il fondo
e il tempo ci sciorina ansia
secca zavorra di muffa

tendiamo i muscoli del bello
aspiriamo essenze d’abbracci
vendicatori di bontà
occupiamo lo spazio
degli amori permanenti.

La ricetta dell'amore


L’amore
ricetta illeggibile
formula tantrica
fulmine di orchidee
o di margherite prataiole
canto di usignoli
o di cicale popolari
dipinto di Leonardo
o scolastico acquerello
Cappella Sistina
o castello di sabbia

questo tutto o questo poco

non conosce trincee
valica cordigliere
non ha rifugi di pudore
ma si ferma sul creato
non ha cultura nè tradizione
si nutre d’istinto primordiale

fisseranno dei confini
costruiranno gabbie
insulteranno, violenteranno
ma è nato libero

volerà senza catene
brucerà le convenzioni
porterà la sua scintilla
in mille firmamenti.

Binario morto


Refoli di pensiero
affilano grumi
staffilano piaghe.

Questo tempo
fra assurde parentesi
sgrano come rosario
porpora fibra
incistati nembi
strappati a sangue.

Ogni nota sofferente
raggiunge l'empireo
con voce declinante
inferisce attonita lama

dall'ugola frantumata
dolce condanna
"ti amo" stormisce.

Resto un'ombra
che viaggia perenne
disegnata in opaco
sui treni del tempo.

Buona vita
ovunque sia
la tua stazione

ovunque si conficchino
le unghie divelte
del mio rimpianto.

Percezioni del Nulla


Avvolgo
gomitoli di noia
spire insinuanti
aspidi grette
cerco di galleggiare
in oceani di rabbia.

Mi chiedo il senso
se ci sia un dunque
al termine del dolore.

Viaggiamo
sotterrati e barricati
nell'umida cripta
di una preghiera abusiva.

Qualcosa sorgerà
all'alba del riscatto?

O un sole affranto
scoppierà d'inanità?

12.5.20

Il limite del corpo


Tendo alla fuga
divello retrive catene
innesco roventi pulsioni
mi nutro d'impeto
invoco il sublime
annaspo follia.

10.5.20

Dopo la liberazione di Silvia Romano


Vorrei che i miei versi
fermassero la marcia
dei vili senza faccia
che schiumano rabbia
bombardano veleno
ignobili sanguisughe

vorrei che i miei versi
liberassero bellezza
sigillata dagli insulti
esplodessero d’amore
nella vuota pochezza
degli indifferenti

vorrei che i miei versi
fossero grimaldello
per coscienze umiliate
schiacciate vilipese

vorrei che donassero
ali d’argento fuso
ai cuori striscianti
sotto il giogo del Potere

vorrei che i miei versi
gonfiassero bandiere
di gioiosa libertà
vorrei che cantassero luce
nei vicoli dell’ingiustizia

vorrei che i miei versi
fermassero il tempo
e scrivessero nel cielo
un arcobaleno di pace

vorrei che fossero carezza
per coloro che sono fermi
ultimi passeggeri
del treno della speranza.

L'anima del poeta


L’anima del poeta
viaggia sulle note del mito
non teme le ingiurie del tempo
accelera rullando sul dolore

l’anima del poeta è indomita
gracile alle scosse del cuore
ma fugge in alto, impenna
più in alto delle umane miserie

l’anima del poeta è tenera
ma non si fa schiacciare
spiega la sua missione
al destino che volta le spalle

l’anima del poeta è nuda
ma nessuna freccia la perfora
perché ha la corazza del sogno
e pianta radici come quercia

lo sguardo oltre le galassie.

Ciottoli di rabbia



Mentre sfila
su tacchi da entraneuse
la memoria si rimpalla
torce ancora le viscere
di giorni disassati

cavalca un cielo
rosso rubino
rimesta nembi
di fango colloso.

La tensione perpetua
l’olocausto del volo,
l’eutanasia del sogno,
il suicidio dell’eccesso.

Ho sete di veleno
che secchi l’anima blesa
smonti fumose ragioni
incastrate ed accartocciate.

Offro il mio senso nudo
ad una lama benigna
che penetri l’alveo
dei sussurri cementati
nelle orride prigioni
in cui macero fiele.

Affaccio sul mondo


Ho aperto
una finestra sul mondo
ho visto scorrere la vita

non sapevo
con che occhi guardare
lo sciabordio del sole
sulle acque chiare

non sapevo
con che cuore toccare
la gioia dell’alba
riflessa d’azzurro

non sapevo
con che sorriso amare
il volto del cielo
versato sulla mia anima.

La saga di Gilgameš



Era distratto
quel giorno Gilgameš
scrutava i confini del mondo
palleggiando con la Terra
sui gradini del tempo
freestyle in canotta
la grazia di un bulldog.

Sotto gli Archi di Vanagloria,
Mestizia e Furore
tiravano a dadi
la sorte degli apogei:

“lei è morta ma non sepolta
lei è sepolta ma non è morta
lei è morta ma non sepolta
lei è sepolta ma non è morta”.

E un Sudario
infracidito di Senso Comune
organicamente spaiato
copriva vergogne sataniche.

“Ma qual è il geomètra
chetuttosaffige?”

Sbalestra la bussola
puntando la prora decisa
sulla rotta dove Angeli e Demoni
si rincorrono su dune di corallo.

Ištar sporge i seni
offrendo voluttà
ma i denti da vampira
affondano nel cuore.

Hubaba lo spaventa
nella Foresta dei Cedri,
lo bracca il Toro Celeste
sul Mare della Morte.

“Ho ucciso divinità
per fuggire dal dolore:
dove sei Utanapistim?
hai sconfitto il Diluvio
rovescerai la mia clessidra.

Ma il serpente ha divorato
la Pianta della Gioventù:
sono solo Gilgameš
e non sarò immortale
non posso più giocare
con la Terra e con il Fato.

Enkidu, amico mio,
mi hai letto deferente
la scritta sul fondale
del Tempio dei Morti
dove stalattiti di ghiaccio
colavano pece fumante
su piaghe purulente:

lei è morta ma non sepolta
lei è sepolta ma non è morta
lei è morta ma non sepolta
lei è sepolta ma non è morta”.

14.4.20

Ad Alda Merini


Alda 
è il percorso dei poeti
un’ombra ci accompagna
ci contraddice ci separa
scava fra le macerie
brucia i destini

travolge affetti
tortura desideri
ci combatte contro
perenne scrupoloso
cilicio dell’anima

e da questa guerra
unici reportage
i versi contorti
esangui brutalizzati
ma vividi di sogno
proiettati su orbite
d’amore invisibile

noi esseri bipolari
eternamente uguali
metastaticamente soli.

I sensi del silenzio


Aprirsi d'incanto 
sulla vastità del silenzio
abbracciare la rotonda
mestizia dell’infinito

cercare un senso
un’iconica trasparenza
veleggiare come onda
seguendo le curve
armoniose dell’anima

dove si ferma il sogno
dove abita l’eterno.

Stanze vuote



Stanze vuote
ove aggrovigliato
il mio senso geme
ove spiriti antichi
pronunciano silenzi
in fa diesis

stanze vuote
ove s’aggira stentata
una trama di specchi
ove in punta di piedi
cerco un colore
che m’imbratti dentro

stanze vuote
non scontate
renitenti, disadorne
che avrei riempito
di futile quotidiano
fantastica routine

stanze vuote
inusitato rigetto
stuprati orizzonti
ove cala il meriggio
e s’arena il rimpianto.

Mi è arrivato un sorriso


Il vostro sorriso
ha scalato il cielo
più leggero del coraggio
più musicale del silenzio

noi viventi a testa bassa
affondati nel grigio
rancorosi distratti
basta un raggio
di una piccola stella
a illuminare il cammino

basta poco per volare
leggeri sulle onde
di un tempo nuovo
grazie del vostro dono

quando riapriremo
le porte al futuro
vi incontrerò nella vita:
ci faremo un cenno
e quel sorriso
risplenderà perenne.


A Papa Francesco


Signore 
sono solo pulviscolo
disordinato di cellule
ascolta questa invocazione
laica, esterna
da chi ha sempre avuto dubbi
da chi ha sempre creduto
negli atti degli uomini
piuttosto che nelle benedizioni

da chi ha sempre pensato
che il libero arbitrio
sia un comodo rifugio
per illusi impenitenti
e filosofi impacciati

è giunto il momento:
non ascoltare i nostri
contraddittori lamenti
le nostre ambigue
professioni di bontà
noi attenti al nostro
temporaneo vacillare
ma ciechi al mondo
che si sfalda;

c’è un grand’uomo
assiso sul Soglio di Pietro
se vuoi battere un colpo
hai la tua volontà
tra le sue mani
hai la tua immensità
nel suo cuore.

Saluto ai pescatori



Gente 
scopritevi il capo
passano i pescatori
solcano il cielo
cantano all’abbondanza
portano fiori
nei vasi del tramonto

gente
aprite le finestre
passano i pescatori
accendono le lampare
cantano alla fertilità
portano coraggio
alle anime affrante

gente
alzate le braccia
salutate i pescatori
svuotano le stive
cantano all’amore
portano speranza
alle nostre prigioni.

Italia, resisti


Un canto di bimbi 
acuto nel cielo avanza
ed io in questa stanza
ho preso un volo brillante

Italia mia tenera amante
stremata piangente ferita
i bimbi ti sanno curare

Italia culla dei miti
nobile ostetrica di geni
fucina d’arte sublime
resistente generosa

ti terremo la testa
fuori da quest’acqua fetida
ti respireremo nei polmoni
ti restituiremo ancora
il sole ballerino
la luna innamorata
la gioia della musica
la danza dei poeti

Italia risorgi
i bimbi ti amano
e ti vogliono scoprire
intatta meravigliosa
eterna.

Immunodepressi


Numeri
scarni freddi
contatori.

Atoniche voci
sciorinano elenchi
dove in fondo
sottovoce sbrigativa
una stringa e una giustifica:
MA.

Non erano MA.
Erano i nostri padri, madri
erano i nostri nonni
i nostri piccoli sfortunati
che forse sorridevano ancora
sulle loro cigolanti carrozzelle.

Non erano MA.
Erano complessi di cellule
impazzite di vita
tenute insieme
da circonferenze d’amore.

Non erano MA.
Erano come noi
in mezzo a noi
correvano ancora
nei nostri pensieri
baciavamo le loro scie
benedivamo ogni minuto
del loro tempo insieme.

Non erano MA.
Non metteteli più
all’ultimo posto.

Loro sono NOI.

9.3.20

Il mio occhio


Il mio occhio
strale di luce
dardo inclemente
inchino all’avvento.

Scava solchi perversi
insinuando artigli
in profonde cateratte.

Umettami di nettare
spremi grani vitali
trascinami gaudente
ai confini dell’ignoto.

4.3.20

Pertugio


E mi ritrovo ancora
aggrappato a lembi
di nuvole sgraffiate
pennellate talentuose
che recitano ghirigori
ad un cielo intorpidito.

E salgo cado risalgo
una nenia beffarda
eco struggente
nei meandri del già visto
già cercato già perduto.

Salgo cado risalgo
metronomo inclemente
becero coro di gazze
scherno di foglie rutilanti
pompose naiadi
nell’empietà del caos.

Salgo cado risalgo
ho lasciato le unghie
conficcate nel passato
vaga è la meta
facile urtare la nebbia
infido coro delle sirene.

E salgo cado risalgo
su picchetti avvitati
profondi cilici
chiodi scarnificanti
il ventre del probabile.

Ma salgo cado risalgo
presto la luce ferirà
un pertugio resiliente
spaccato sul tramonto
e mi fermerò assorto
a rimirar la gioia.

Pandemia


Ci vietano gli abbracci
ombre siamo nel divenire
corpi vuoti
anime purulenti.

Ci plasmano i destini
spettri stanati dalle tane
orridi nani
storpiati vilipesi.

Ci stuprano il DNA
colpevoli di superbia
bordeggiamo il confine
tra Amore e Morte.

Quel che resta
è tremula cenere
piatta latenza
secca angoscia.

Il gravido imbuto
crepa il tempo
dove rotolano
i gusci vuoti
del mio esistere.

24.2.20

Icaro



Dietro l’angolo
del dubbio
alla fonte
del disvelarsi
sul versante
del tentennare
ascolto i miei passi furtivi
restii all’osare.

I sensi arresi
all’assedio del falso
d’incanto vigili
al vento del dolore
pongono queruli dubbi
sfangano tremori
di sterile incoscienza.

Il passaggio incombe
veste maschere irridenti
al vuoto del vivere
orlato di menzogne 
cantate al mostrarsi

Avanzo gravato
da miglia di voli
con eliche stanche
negletto di nuvole sporche
esalando vuoto.

Mi spingo a cercare
pianure infinite
dove rullare felice
perdermi d’azzurro
tornare lassù
dove il canto del sole
è preda di anime elette.

18.2.20

Maestrale


L’aria rassodata
da frange rubino
screziato d’avorio
trattiene refoli
resilienti, tenaci
uncinati ad uno sbavo
di tempo soffuso

la tua ombra
emerge dal cerchio
paludato ove stremato
arginavo il dolore.

Ma da lungi s’annuncia
parto di rupi glaciali
imperioso irruente
scavalca gli indugi:

Salute a te
provvido Maestrale
principe dei venti
vindice di rassegnazione
sacro purificatore
dei vicoli del cuore

oggi volo
sui gracili percorsi
della memoria
il passo ritmato
inclino e raccolgo
folate d’ebrezza

portami sul dorso
del senso fugace
rigenera smorte cellule
alzami benigno
in cima al destino.

10.2.20

La mia corsa con un amico

E’ un pò che corriamo
amico mio
e se proviamo a girarci indietro
chissà da dove veniamo.

Siamo stati bene
in fondo io e te
all’unisono, in sintonia.

Dolore quando c’era
e amore, gioia, follia,
abbiamo bevuto vento
e bonaccia
a picco sul mare dei sogni
unite le nostre urla di sale
salivano avvitate al cielo.

E corriamo ancora
ventricoli allineati
al ritmico stormire
di queste foglie d’autunno:

ci piace ancora darci la mano
e sfiorare con le dita le nuvole
le gambe intontite
pesano sempre più:
non ci pensiamo, forza!

Se ci dovessimo fermare
vorrei che fosse di corsa:
sempre mano nella mano
mentre un fulgore di stelle
ci spacca le vene
e lentamente ci adagiamo
sulle servizievoli onde
di un mare adamantino.

Ma noi,
mio pulsante amico,
avremmo fatto il nostro:
rincorso, pregato, perdonato
stretto patti inverecondi
e poi penitenti, a capo chino,
scossi da febbri e sudori
a ripercorrere l’eterno
cerchio della vita.

Alla fine abbiamo amato
straziatamente
fino alle porte degli inferi
e, scavalcate,
abbiamo bussato a quelle
del paradiso.

Siamo paghi
vecchio amico mio
continuiamo la nostra corsa
fino all’ultimo sorso di fiato.

Fai rumore (*)


Sommerso 
da un silenzio vorace
una voragine spettrale
in cui la ragione
rimbalza tra pareti aguzze

graffiata abrasa
la mia anima si sfibra
sfilaccia atomi di resa

mi trascino sul piano
della sconfitta ombrosa
avvolgendomi di polvere
e lacrime
provvidi unguenti

ma ti prego fai rumore

che venga dal profondo
dal covo della memoria
dal periplo dell’eterno

fammi percepire
una presenza nell’assenza
un picco sul monitor
di brutale splendore

fai un flebile rumore

che possa ridondare
tra valli raggrinzite
paesaggio lunare
dove cieco mi aggiro.

(*) Ispirata dalla canzone vincente - Sanremo 2020

Grazie Roberto (*)

Non avremmo creduto 
di avere la forza
di separare le montagne

non avremmo creduto
di respirare orizzonti
avvolti d’immenso

non avremmo immaginato
di sprigionare urli di sole
fuochi di vento
armonie infinite

avevamo rimosso
di possedere amore.

(*) Per Benigni declamatore del Cantico dei Cantici - Sanremo 2020

7.2.20

Lucciole


Ho raccontato una fiaba
alle lucciole impazzite
una storia di senso incompiuto
una poesia inventata
dagli angeli della fantasia
un canovaccio di simboli
disegnati sul nulla
che avevano vita propria.

Quando la luce ha deriso
il sonno del poeta
ha lasciato devastato
il paesaggio del tormento.

Ma tant’è.

Un sogno resta sogno
anche se ti frusta l’anima.
I vuoti da colmare
sono qui
innanzi agli occhi del coraggio.

Pensieri circolari


Assorto
in meandri antelucani
le mani afferrano
scampoli di senso

chinato sul grembo
clemente del fato
sogni liquidi galleggiano
propagano incuranti
delle tempeste dei cuori

anarchiche rotondità
si flettono amorevoli
sul limitare del dubbio.